La mala ora – Gabriel García Márquez

La mala ora

DI WASHOE

Sicuramente lontano dalle vette liriche di Cent’anni di solitudine e di molti dei suoi romanzi, La mala ora (1962) è un libro che mostra un García Márquez più impegnato, e forse per questo limitato nella sua espressione artistica.

Le pasquinate, il pretesto da cui parte La mala ora

In un paese colombiano non ben precisato, che per alcuni accenni sappiamo essere vicino a Macondo, ambientazione fittizia della sua opera più famosa (Cent’anni di solitudine), la quotidiana tranquillità viene sconvolta dalle pasquinate, foglietti misteriosi che vengono appesi durante la notte e recano scritti i segreti e gli scandali degli abitanti della cittadina. Si tratta in realtà di pettegolezzi che già circolavano nei bar e nei salotti, noti a tutti, ma l’esposizione pubblica è un duro colpo da digerire, specie per le famiglie più in vista. Per questo, i foglietti irriverenti mietono presto una prima vittima: si tratta di Pastor, cantante e musicista piuttosto rinomato, accusato in una pasquinata di andare a letto con la moglie di César Montero. È proprio Montero che, in preda alla rabbia, gli rifila una fucilata e lo uccide sul colpo, vendicando la pubblica cornificazione.

Padre Ángel e l’alcalde

La morte di Pastor scatena una serie di eventi che coinvolgono il paese intero; tuttavia, almeno al principio, né il potere pubblico, rappresentato dall’alcalde (il sindaco), né quello spirituale, nella persona del parroco padre Ángel, vogliono occuparsi delle pasquinate, poiché presi ognuno da una propria preoccupazione: per il primo si tratta di un terribile mal di denti, per il secondo l’opera di censura dei film proiettati al cinema. Nelle strade però il malcontento cresce e riaffiorano vecchie ruggini, figlie di un passato di coprifuoco e guerra civile non lontano nel tempo. Sono soprattutto gli avversari dell’alcalde a fare rumore: uno di questi è il dentista del paese, che si rifiuta ostinatamente di curargli il molare malato.

Gabriel Garcia Marquez
Gabriel García Márquez (fonte: actualidadliteratura)

L’istituzionalizzazione tentata dall’alcalde

Le pressioni, sia sul parroco che sul sindaco, affinché agiscano per interrompere la comparsa delle pasquinate si moltiplicano, ma entrambi si limitano a prendere tempo. Per l’alcalde in particolare una discesa in campo potrebbe risultare quanto mai pericolosa: prima che la vicenda cominciasse aveva infatti dato il via ad un processo di istituzionalizzazione di una posizione, la sua, acquisita con la forza; per questo scopo si era avvalso della collaborazione del giudice Arcadio, fino ad allora rimasto oziosamente a godersi la vita in casa con la moglie, con il quale lavorava per dare una parvenza di legittimità al governo del paese. In realtà, dietro alle sue manovre si nasconde un tentativo di arricchirsi alle spalle della cosa pubblica, utilizzando le istituzioni come scudo e strumento; in ogni caso, dare una prova di forza per porre fine alle pasquinate rischierebbe di compromettere l’intero progetto. Ma arriva un momento in cui le richieste d’intervento iniziano ad essere troppo intense, e l’alcalde si trova costretto ad entrare in azione.

La metamorfosi delle pasquinate e l’arrivo della mala ora

Il suo primo atto non riguarda però le pasquinate, ma il mal di denti: seguito da una scorta di militari si reca dal dentista e lo costringe, con la forza del fucile, ad operare il suo molare malato. È proprio il caso di dirlo, qui: finalmente l’alcalde si leva il dente, simbolo della fallita istituzionalizzazione del suo ruolo, e decide di dedicarsi alle proprie ambizioni senza preoccuparsi di conservare le apparenze. Sfruttando la questione delle pasquinate ripristina il coprifuoco, attacca gli oppositori e utilizza la polizia per comprare a prezzi stracciati beni di gran valore, ricorrendo a torture e falsi capi di imputazione e attirandosi così l’ira degli abitanti. Le pasquinate spariscono e si trasformano in pamphlet clandestini di dissenso contro il regime, redatti in ciclostile come all’epoca della guerra civile: la violenza dell’alcalde e dei suoi scagnozzi degenera, e una parte della popolazione si ritira nella selva preparando la guerriglia. Dopo un breve periodo di pace per il paese è giunta, nuovamente, la mala ora.

Selva colombiana
Il paesaggio della selva colombiana (fonte: actualidadambiental)

Il confronto con le altre opere di García Márquez

Per chi cerca il realismo magico, La mala ora non è certo il testo più indicato. Qui, García Márquez ancora non ha imboccato la strada che, con il suo lavoro seguente, lo porterà alla fama mondiale e, nel giro di una quindicina d’anni, al Nobel per la Letteratura. Certo è che, se non si avesse Cent’anni di solitudine come punto di riferimento e passaggio obbligato nell’analisi dell’opera dell’autore colombiano, La mala ora assumerebbe un risalto diverso; ma se messo a confronto con il suo libro più celebre, questo romanzo risulta un po’ asciutto o addirittura quasi insipido. E questa era forse l’opinione di García Márquez stesso, che raccontava di aver scritto il libro quasi per rispondere ad una chiamata dell’America Latina, che sembrava esigere dagli intellettuali una scrittura impegnata, con l’obiettivo di denunciare i grandi problemi del continente. Esigenza che ha limitato la fantasia dell’autore, e che per fortuna è stata presto superata. Un ingrediente di magia e mistero c’è, però, anche in La mala ora, ed è rappresentato proprio dalle pasquinate che, con il loro carattere quasi di apparizione mistica, sembrano frutto di un incantesimo; anch’esse, però, vengono sbugiardate per quello che sono, cioè l’opera di un cittadino che cessa infatti non appena il coprifuoco rende impossibile la circolazione notturna.

Il potere politico…

E proprio per questa esigenza di denuncia politica, García Márquez non può che parlare dei due grandi poteri che tengono in pugno la Colombia, quello politico e quello spirituale. E lo fa senza ricorrere ai simboli (anche se qualcuno, qua e là, può essere individuato), ma usando una narrazione diretta: per questo, i personaggi più presenti nella storia finiscono per essere l’alcalde e il sacerdote, padre Ángel. Il primo è il prototipo di politico corrotto, salito al potere non per scelta democratica ma per incarico militare (è infatti un sergente): non esita a fare uso della forza per soffocare il dissenso e cerca di nascondere le proprie nefandezze dietro ad una parvenza di istituzioni. Non solo: usa la propria posizione per arricchirsi alle spalle della collettività, utilizzando cavilli legali ma soprattutto servendosi di arresti e torture per impadronirsi a prezzi ridicoli dei grandi patrimoni del paese, seguendo l’esempio di chi in passato aveva fatto lo stesso.

… e il potere religioso

Nei confronti del potere religioso, poi, García Márquez non ha certo un occhio di riguardo, e le accuse sono rivolte principalmente all’ipocrisia e alla collusione della Chiesa latinoamericana con la corruzione della politica. Padre Ángel è infatti cieco di fronte ai soprusi perpetrati dall’alcalde, e così ne diventa complice, preferendo concentrare la propria attenzione su stupidaggini come la censura dei film o i topi che infestano la parrocchia. Proprio questi ultimi possono essere letti, per il loro carattere clandestino e per il loro proliferare nonostante gli sforzi di sterminio, come simbolo del dissenso politico: come padre Ángel si impegna per la disinfestazione dai roditori, alla stessa maniera il sacerdote aiuta l’alcalde ad ostacolare i suoi rivali attraverso la propria omertà. Una situazione, quella della collusione tra i due poteri, purtroppo molto comune allora (e forse ancora oggi) nell’America Latina, dove i pochi religiosi che provano ad alzare la voce, come Óscar Romero, vengono silenziati nel sangue. Certo, probabilmente padre Ángel non è davvero consapevole della situazione in cui versa la cittadina, ma questo non lo rende meno colpevole, e gli vale l’attribuzione di “occhi parsimoniosi d’un azzurro innocente”: immagine molto concreta di un carattere meschino ed ingenuo.

Oscar Romero
Óscar Romero, ucciso dalla dittatura di El Salvador nel 1980 (fonte: jesuitas.lat)

La struttura cinematografica de La mala hora

La struttura narrativa de La mala ora risente invece di una certa propensione per il cinema avuta da García Márquez in quegli anni e successivamente superata. La narrazione è frammentata, la storia è osservata da numerosi punti di vista che si susseguono come una serie di inquadrature, e il passaggio da un osservatore all’altro avviene a volte utilizzando una tecnica cinematografica, come se ci fosse una telecamera che capta il passaggio di un personaggio in una scena e comincia a seguirlo entrando così in quella successiva. Anche in quest’opera, tuttavia, si possono intravedere alcuni caratteri distintivi dell’autore colombiano, nonostante le profonde differenze con la maggior parte dei suoi romanzi; in particolare nell’ambientazione, caratterizzata da un’atmosfera torrida, umida, spessa, stagnante, che fa da perfetta cornice alla storia e dà alle pagine quel tocco di mondo caraibico che tanto piace ai lettori più appassionati dello scrittore di Aracataca.

Gabo e Mercedes
García Márquez con la moglie Mercedes (fonte: Repubblica)

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