Mágico González, o l’Incarnazione del Caos

Ci sono persone che hanno un modo di pensare e di agire comune a molta gente, e risultano perciò piuttosto prevedibili; e non c’è niente di male in questo. Ce ne sono altre che invece hanno un modo di pensare proprio, originale e che magari rasenta la stranezza, sebbene la stranezza sia un concetto un po’ debole; anche queste persone, per chi le conosce davvero, possono diventare prevedibili. Ce ne sono poi altre che, insoddisfatte della propria poca originalità, provano in tutti i modi a sembrare differenti; questi, oltre ad essere prevedibili, risultano anche piuttosto infelici. C’è però una persona che non rientra in nessuna di queste categorie, ma nemmeno lontanamente. Il suo è un nome poco conosciuto, un ex calciatore la cui esistenza è ignorata persino da molti amanti del pallone, nonostante fosse più forte di Maradona (parola dello stesso Pibe de Oro). È una storia che merita di essere letta persino da chi con lo sport non ci azzecca nulla, perché è una storia ricca di aneddoti e di magia. È la storia di Jorge Alberto González Barillas, detto Mágico, l’Incarnazione del Caos.

Gli inizi del Mágico González

È un racconto che comincia a El Salvador, un piccolo staterello incastrato da qualche parte in America Centrale. La sua capitale, San Salvador, costituisce un unicum nell’America Latina per le sue architetture in stile europeo; e unico è anche il piccolo Jorge, ultimo di una nidiata di otto bambini, che nonostante l’enorme talento calcistico comincia a giocare in una squadra professionistica quasi solo per placare le insistenze degli amici. A lui non interessa fare carriera, vuole solo giocare a calcio. Ciononostante passa però pochissimo tempo prima che il ragazzo, che in patria cominciano a chiamare Mago, arrivi in nazionale; grazie alle sue giocate la squadra ottiene la qualificazione ai mondiali di Spagna ’82, attraverso i quali riesce a farsi notare dai grandi club europei nonostante la magrissima figura dei salvadoregni.

Lo sbarco in Europa

Lo contattano tra le altre l’Atlético Madrid e il Paris Saint Germain; lui però sceglie il Cádiz CF, squadra di seconda divisione spagnola. Lo convincono semplicemente l’interesse personale mostrato dal presidente, il clima di Cadice e la bellezza della città. È una decisione inspiegabile: ha la possibilità di avere contratti ricchissimi, di giocare nei campionati più importanti del mondo, di farsi conoscere alle grandi platee d’Europa, e lui la getta al vento con una leggerezza disarmante. Jorge però è fuori da ogni logica, è guidato solo dal Caos e dal proprio istinto; le decisioni lui non le prende come gli altri esseri umani. Emblematico è quello che è successo con il Paris, la squadra che più di tutte va vicina a metterlo sotto contratto. I francesi offrono un sacco di soldi, al ragazzo e al suo club d’origine; è tutto fatto, con i documenti redatti in bella forma che mancano ormai solo di firma. Peccato che quando giunge il giorno di metterci l’autografo, della testa riccioluta del ragazzo di San Salvador non si vede nemmeno l’ombra negli uffici dei parigini. Jorge ha semplicemente deciso di non presentarsi, senza dire nulla a nessuno; è rimasto a dormire in albergo. Quando gli chiedono il perché di quel comportamento, lui risponde: «Cosa ci vado a fare io a Parigi? È una città troppo grande, e poi non so nemmeno una parola di francese.» E lo fa con quella semplicità e con quella limpidezza che contraddistinguono ogni sua intervista, in cui sembra sempre convinto di non dire altro che banalità.

L’amore per Cadice

La scelta di Cadice però si rivela azzeccata: lì si sente subito a casa. Sembra quasi che lui e quel piccolo centro dell’Andalusia siano nati per stare insieme: Jorge si innamora della città e la città si innamora di Jorge, come se l’avesse messa sotto un incantesimo. Il sortilegio è tanto forte che cominciano a chiamarlo Mágico, per quello che fa in campo e fuori; quasi dimenticano quale sia il suo vero nome. In verità lui un soprannome già ce l’ha, e non è poi tanto diverso: in patria lo chiamano Mago. La spiegazione che danno i fantasiosi gaditani del perché non vada bene però non fa davvero una piega: il mago è consapevole, controlla la sua magia; Jorge no, è la sua magia a controllare lui, a decidere di manifestarsi quando e come vuole. Jorge non fa magie, lui è magia. I tifosi gli danno un affetto che sarebbe capace di montare la testa a chiunque, ma Mágico è una persona speciale. Non solo è disponibile con tutti, ma si ferma persino a giocare a calcio per strada con i bambini, come se nulla fosse. Capita a volte di vederlo arrivare all’allenamento in un giorno di pioggia senza scarpe e senza giacca, perché li ha regalati ad una persona che ha incontrato per strada e che ne aveva bisogno. Addirittura capita che i compagni gli prestino vestiti invernali e il giorno dopo li vedano addosso a qualche senzatetto in giro per la città. Tantissimi sono poi gli abitanti di Cadice che hanno l’opportunità di chiacchierare con lui, e altrettanti sono quelli che possono dire di aver fatto festa con il Mágico González. Sì, perché il calcio non è la sua unica passione: Jorge ama la vita notturna, i locali, la fiesta.

La vita notturna di Mágico González

Pur di vederlo giocare per la loro squadra i dirigenti del club gli permettono di tutto, e lui si prende tutta la libertà che vuole. Spesso e volentieri è in giro fino alle cinque del mattino anche nelle notti precedenti alle partite, che ai tempi si giocavano alle quattro del pomeriggio. Per lui non è un problema: «Non mi preoccupavo della vita che facevo perché tanto poi in campo rendevo.» Non è però un ubriacone; certo, qualche cocktail se lo concede, ma i suoi compagni di squadra asseriscono di non averlo mai visto davvero ubriaco. Non è insolito vederlo in un locale notturno con un bicchiere di latte in mano, prima di partire verso le sue conquiste amorose. Adora le donne, e anche in questo aspetto della sua vita il Caos regna sovrano: Mágico González è il padre di quattro figli, avuti da tre donne diverse, in tre continenti differenti. I locali notturni di Cadice diventano davvero il suo regno, e stanno aperti fino a quando lo decide lui; ma forse Jorge nemmeno se ne accorge. Lui è troppo impegnato a seguire i suoi istinti, senza nessuna logica: una notte si mette a dormire nella cabina del dj di una discoteca, dove viene ritrovato la mattina dopo, ancora addormentato, dalla donna delle pulizie.

«Adoro dormire.»

Ecco, l’ultima sua grande passione è il sonno. Dorme dalle quindici alle venti ore al giorno, senza soluzione di continuità. Ad un certo punto comincia a diventare un problema serio, perché il suo amore per il cuscino lo porta a fare numerosi ritardi agli allenamenti; così, dopo averle provate tutte, il Cadice assume un impiegato con il solo compito di andare tutte le mattine a destare il Mágico. Ci sono volte in cui nemmeno così si sveglia, tanto che l’uomo si vede costretto a chiedergli di dargli le chiavi di casa; richiesta che lui accetta di buon grado. Narra la leggenda che, una volta in cui non riusciva a svegliarlo nemmeno entrando nella sua camera da letto, il povero impiegato si vide costretto a far entrare in casa sua una banda che passava nelle vicinanze. Per una persona normale queste intemperanze significherebbero un inevitabile fallimento nella vita professionale, ma si è ormai capito che Mágico non è una persona normale, e spesso feste e ritardi coincidono con le sue partite migliori. La dimostrazione più eclatante è la semifinale di un trofeo amichevole, il Ramón de Carranza, giocata contro il Barcellona. Jorge si reca allo stadio in pesante ritardo; forse è rimasto addormentato, forse si è dimenticato della partita. Con il Caos a governare la sua vita tutto è possibile; fatto sta che non può giocare il primo tempo. Mágico scende allora in campo nella ripresa, con gli avversari avanti per tre reti a zero: la partita finisce quattro a tre per il Cadice, con due marcature e due assistenze del funambolico salvadoregno.

La tournée con il Barcellona e l’ammirazione di Maradona

Proprio il Barcellona è una squadra ricorrente nella sua vita; contro i catalani ha segnato quella che è stata votata come la migliore rete della storia del campionato spagnolo, con buona pace dei vari Di Stéfano, Maradona, Zidane, Messi e Cristiano Ronaldo. Ma i blaugrana non sono solamente suoi grandi avversari: nel 1984 è sul punto di andare a giocare in Catalogna e partecipa a una tournée estiva con la squadra, che all’epoca ha Maradona tra le proprie fila (passerà al Napoli poche settimane dopo). Il campione argentino ha così la possibilità di giocare con lui tutti i giorni, e arriverà a dire: «Provavamo a fare quello che faceva lui, ma semplicemente non potevamo.» E ancora: «È migliore di me, è di un’altra galassia!» . Una storia come quella tra Jorge e il Cadice però non può finire così, dopo soli due anni, e allora interviene ancora il Caos a rimettere le cose a posto. Nell’albergo dove soggiorna la squadra suona l’allarme antincendio; escono tutti, tranne uno: «Donde está Mágico?» Quando vanno a bussare alla sua porta, lui apre in mutande; dietro, nel letto, una donna. Sempre con la solita naturalezza, come se non fosse successo nulla, dice semplicemente che non poteva scendere, perché doveva finire di fare l’amore con lei. Cosa c’è di strano? Per Jorge assolutamente nulla; i dirigenti del Barcellona però non sono d’accordo. Il fattaccio fa saltare tutto, e Jorge se ne torna a Cadice.

La fine della carriera e il sogno realizzato

In Andalusia gioca ancora alcune stagioni, intervallate da una parentesi a Valladolid. Nella città del nord però fa freddo e non si fa festa come al sud; Mágico dura così sei mesi e torna dai suoi amati gaditani, non prima di aver vagato per qualche settimana in America senza una meta precisa. Ha anche l’opportunità di giocare in Italia, all’Atalanta; qualcuno però gli fa sapere che a Bergamo non hanno il pesce fritto e allora, pur di non farsi comprare, al provino lui gioca peggio che può. Torna a chiudere la carriera in patria, e gli offrono un posto da allenatore in seconda in una squadra statunitense. Lui accetta ma dopo poco tempo di dimette, per realizzare un suo sogno. Vuole fare il musicista? Il politico? Il poeta? No; Mágico González, uno dei migliori calciatori della storia, vuole fare… il tassista. Caos, puro, semplice e meraviglioso Caos.

Uno con il suo talento sarebbe potuto essere ricchissimo, avere fama, gloria, onori. Lui però ha sempre seguito solamente il suo istinto. Ora dicono che faccia il tassista in qualche quartiere di San Salvador, o che lo si possa trovare a giocare a calcio con i bambini in una qualche spiaggia del Centro America. Una cosa è certa, però: uno come lui non si vedrà mai più. Jorge Alberto González Barillas, detto Mágico, l’Incarnazione del Caos.

El jugador que pudo reinár, pero no quiso.

Washoe

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