Il Vecchio e il Mare (cortometraggio del 1999)

Di Washoe

Il mondo del cinema è disseminato di piccoli gioielli sconosciuti ai più, vere e proprie opere d’arte che per un motivo o per l’altro non hanno la diffusione che meritano. Tra questi, un posto d’onore spetta a Il Vecchio e il Mare (The Old Man and the Sea, 1999), un cortometraggio d’animazione che mette in scena l’omonimo romanzo di Ernest Hemingway. L’autore, il russo Aleksandr Petrov, ha utilizzato una tecnica piuttosto rara ma d’effetto, e il lavoro gli è valso il Premio Oscar del 2000 per il miglior cortometraggio d’animazione.

La trama de Il Vecchio e il Mare

Il Vecchio e il Mare racconta la storia di Santiago, un anziano pescatore di Cuba che da troppi giorni non riesce a catturare più nulla. In paese si comincia a vociferare che sia perseguitato dalla sfortuna e così Manolin, un ragazzo che lavora per il vecchio sin da bambino e che gli è molto affezionato, viene costretto dai genitori a smettere di andare a pesca con lui. Santiago esce allora da solo in mare aperto, dove intraprende una devastante lotta con un marlin di dimensioni gigantesche, talmente grande da trascinare la sua barca per giorni interi.

Tecnica

Il corto è stato realizzato con la tecnica della pittura su vetro: Petrov ha disegnato ciascuno dei più di 29000 fotogrammi (29000!) su di una serie di lastre di vetro, disposte su più livelli per dare l’idea della profondità, utilizzando colori ad olio che distribuiva con i pennelli e con le dita. Per giorni e giorni l’animatore russo ha seguito sempre lo stesso, incredibile rito: ha disegnato ogni fotogramma, l’ha fotografato, ed è poi passato a disegnare il frame successivo, a volte modificando leggermente il dipinto, spesso ripulendo le lastre e ricominciando da capo. Come si può immaginare, un lavoro di questo tipo ha richiesto moltissimo tempo per essere portato a termine: per realizzare i venti minuti circa della pellicola, infatti, Petrov ha impiegato più di due anni. Tuttavia, si è trattato di un tempo ben speso, per i riconoscimenti internazionali ricevuti e per il valore artistico dell’opera: ogni fotogramma può essere avvicinato ad un quadro impressionista, non solo per i contorni appena abbozzati, ma soprattutto per l’efficacia con cui trasmette le emozioni del racconto e lo struggimento dei personaggi nella loro difficile lotta per la sopravvivenza.

La forza di Santiago

Il protagonista del cortometraggio, Santiago, è un personaggio tragico ma stoico, che nonostante le difficoltà dimostra un desiderio di lottare fuori dal comune. Questi intraprende una personale sfida contro un marlin gigantesco, che diventa la sua Moby Dick: tra i due si instaura un rapporto intenso, fatto di rispetto reciproco ma anche di voglia di sopraffazione. È un lungo combattimento tra due forze della natura, l’uno sorretto da un’incrollabile forza di volontà, l’altro trascinato da uno straordinario vigore selvaggio; ispirato dalla situazione in cui si trova, il vecchio si lascia trasportare nostalgicamente ad un episodio della sua giovinezza, quando aveva sfidato e battuto l’uomo più forte del porto di Casablanca in un’interminabile partita a braccio di ferro: attraverso l’accostamento delle due imprese quella con il pesce prende così la forma della sua ultima grande battaglia, combattuta più contro i propri limiti che contro una bestia di proporzioni ciclopiche. Santiago, nelle ore interminabili per le quali si protrae il combattimento, arriva persino a provare pietà per quella creatura così maestosa e per il suo tragico destino, ma non può assolutamente permettersi di perdere il duello: l’orgoglio è l’unica cosa che gli resta. La sua compassione lo porta tuttavia a sognare di volare fianco a fianco con il marlin, in un mondo fantastico dove il cielo e il mare si fondono fino a non poterli più distinguere, allo stesso modo in cui si sono fusi i loro due animi nel momento in cui il pesce ha abboccato all’esca; due esseri tanto distanti uniti per sempre da una lenza e da una comune volontà granitica di restare aggrappati alla vita.

Attenzione: non proseguire oltre se non vuoi conoscere il finale della storia

Un finale dolceamaro

Nonostante il vecchio riesca a vincere la lotta e ad uccidere il marlin, però, la Natura dimostra presto di non volerne sapere di darsi per vinta. Il sangue della bestia, infatti, attira un gruppo di squali, con i quali Santiago deve intraprendere un’altra lotta, titanica ma destinata a fallire. Un morso dopo l’altro gli inesorabili pescecani divorano quella preda che gli era costata tanta fatica; di quello che fino a pochissimo tempo prima era un pesce bello e gagliardo non resta che lo scheletro, rimasto legato al fianco della barca come la reliquia di un momento di gloria durato troppo poco. Il vecchio è sconfitto e devastato, ma il finale è dolceamaro: la gente accorre in massa per vedere i resti del pesce più grande che abbiano mai visto, impressionati dall’ultima eroica impresa dell’anziano pescatore. Il giovane Manolin decide allora di tornare a lavorare con lui, ansioso di imparare, e assicura al vecchio che da quel momento in avanti non lo avrebbe più lasciato solo.

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