Il tempo perduto – di Ivo Carrozzo

Con questo articolo si apre una sezione nuova per Aquile Solitarie, nella quale autori esordienti possono farsi avanti per proporre al nostro pubblico un proprio romanzo fresco d’uscita, e parlare della sua genesi, di quello che c’è dietro, dei suoi temi.

Il primo autore ad usufruire di questo spazio si chiama Ivo Carrozzo, che ci presenta, in un’intervista, il suo Il tempo perduto, thriller “dai risvolti soprannaturali e dalle ambientazioni molto evocative”. La trama si sviluppa – anzi, si avvolge su se stessa, come ci spiega – in un borgo immaginario, solitario e abitato solo d’estate, arroccato su di un tratto di scogliera della costa del Salento. Sono territori che l’autore, di origine salentina, conosce molto bene, ed ha infatti costruito idealmente Marina di Torre Castello, il borgo che non c’è, lungo una scogliera che lui chiama casa, ma di cui non ci svela l’ubicazione.

Del romanzo incuriosisce la copertina, che mostra ingredienti quali la sabbia, il tempo, il sangue; abbastanza per intuire di che cosa si tratti, e a quanto pare di colpi di scena ce ne sono davvero tanti. E persino paradossali.

IL TEMPO PERDUTO, il romanzo d’esordio di Ivo Carrozzo, è un viaggio attraverso un labirinto di specchi in cui quella che sembra la via d’uscita forse è solo un’altra entrata. E ciò che il protagonista crede di inseguire forse è proprio ciò da cui sta fuggendo.

Aquile Solitarie – Come detto, questa è anche per noi una prima volta; proporrei dunque di comportarci come se ci trovassimo davanti ad un caffè, a fare due chiacchiere in semplicità. E allora prego: ci dica qualcosa di sé e del suo romanzo.

Ivo Carrozzo – Bene! Neanche io avevo mai scritto un libro: lasciamoci sorprendere, allora. D’altra parte è successa la stessa cosa con la scrittura del mio romanzo. Perché quando ho iniziato a immaginare la storia, avevo solo in mente un tizio che, come me, soffre di tinnitus: un fischio improvviso, misterioso e incessante nelle orecchie. Ma non avevo nessuna idea di come e perché la storia sarebbe cominciata e tanto meno dove diavolo sarebbe andata a finire. Eppure, quel fischio doveva avere una causa, un motivo, uno scopo. Forse il mio era costringermi a realizzare finalmente ciò che già la mia maestra delle elementari mi aveva sempre incoraggiato a fare: scrivere una storia, perché secondo lei ne avevo il talento. Per Marcel Corsaro, il protagonista del romanzo, lo scopo invece è diventato quello di dare una risposta ad una domanda che io stesso mi porto dentro da quando ho imparato a leggere l’ora sull’orologio di papà: che cos’è il tempo? Dove vanno a finire tutti quei minuti, giorni e anni, dopo che il passaggio delle lancette li ha cancellati? E dove si nasconde il futuro verso cui quelle stesse lancette continuano ad avanzare senza sosta? E se quel futuro è già scritto, chi regge la penna? Il destino? O forse, in modi misteriosi, noi stessi? Vedete, ci sono domande che ti crescono dentro e se non trovi la risposta diventano come delle radici troppo grosse che finiscono per rivoltare la terra. Così Il tempo perduto si è trasformato per entrambi, ma per motivi diversi, in un’avventura in cui ciò che insegui forse è proprio ciò da cui stavi fuggendo.

Aquile Solitarie – E cosa cercano, l’autore e il protagonista? O da cosa fuggono?

Ivo Carrozzo – Una verità che forse è una bugia: per Marcel Corsaro, il protagonista, è una memoria infranta e un amore perduto.

Aquile Solitarie – C’è un che di autobiografico nel romanzo?

Ivo Carrozzo – Questa storia è più vera di quanto si possa immaginare. Entrambi, Marcel Corsaro ed io, pur non vivendoci siamo figli di genitori originari del profondo Salento. Entrambi amiamo il mare davanti alle sue coste, e quelle radici non le abbiamo mai dimenticate. Entrambi facciamo un sogno ricorrente di qualcosa e qualcuno che si trova al di là di una sorta di specchio temporale. Entrambi cerchiamo una spiegazione a un mistero insondabile. E nel libro c’è una frase che lo riassume così: «A volte è come se le coincidenze ci parlassero. Ci sussurrano messaggi che non riusciamo a comprendere, pur intuendo che sono rivolti proprio a noi.»

Aquile Solitarie – Gli specchi sono un elemento ricorrente nel suo racconto?

Ivo Carrozzo – Già! Tanto è vero che il titolo provvisorio era Gioco di specchi. Il mio editor mi ha suggerito di cambiarlo, ma quella danza di riflessi che dà vita alla storia è davanti agli occhi. Ed è tutta da decifrare.

Aquile Solitarie – Insomma… proprio non ci vuole svelare nulla.

Ivo Carrozzo – Il tempo perduto è una sorta di caccia al tesoro: è difficile… no, è impossibile spiegare che cosa ci si debba aspettare senza rovinare la sorpresa al lettore. Ad ogni modo, nella storia, c’è quel fischio nella testa di cui parlavo prima, c’è una vecchia stazione radio che trasmette sempre le stesse canzoni e sempre alla stessa ora, c’è un bizzarro borgo sognante e solitario arroccato su una scogliera del profondo Salento, c’è un misterioso monumento venuto da chissà dove davanti all’orologio della piazza che segna sempre le 2:42. Dunque voglio essere molto chiaro su un punto: sì, qualcuno muore, ma non è un giallo. È un thriller dai risvolti fantastici, o soprannaturali, e il lettore deve essere disposto a porsi le stesse domande che si pone il protagonista. E a trovarvi egli stesso un senso. O una risposta che può solo comprendere, senza poterla spiegare. Ma sarà la sua risposta, non la mia.

Aquile Solitarie – Ci sono anche memorie infrante, diceva.

Ivo Carrozzo – Marcel Corsaro si risveglia a bordo della sua auto, a pochi passi da un bel salto dalla scogliera, con un fucile a pallettoni accanto a sé. E quel fischio lancinante nella sua testa. Non ha memoria del perché si trovi lì, né come ci sia arrivato. E quando gli viene spiegato che Sophie, sua moglie, è morta tre mesi prima in un singolare incidente aereo, egli proprio non riesce a crederci. Infatti lui ricorda di averla appena accompagnata alla stazione a prendere un treno. Cos’è successo a Sophie? Perché non ricorda nulla? E perché è già estate ma i turisti non tornano e l’emporio non riapre? È l’inizio di un viaggio alla scoperta della verità. Una verità inimmaginabile, attraverso un dedalo in cui il suo presente, il passato e persino il futuro si fondono e si confondono.

Aquile Solitarie – Il preambolo sembra quello di una caccia al tesoro.

Ivo Carrozzo – Diciamo che se Il tempo perduto fosse un quadro, sarebbe quello di uno dei tanti labirinti ricorsivi di M. C. Escher, in cui la via d’uscita è solo un’altra entrata. Oppure, meglio ancora, quello delle mani che si disegnano a vicenda.”

Aquile Solitarie – O gli orologi molli di Dalí…

Ivo Carrozzo – … e le sue atmosfere sognanti, sì. I sogni sono una porta. Nel mio romanzo sono anche la chiave.

Aquile Solitarie – Si va verso una doppia interpretazione, dunque?

Ivo Carrozzo – Con un finale aperto. Spetterà al lettore decidere ciò a cui voler credere.

Aquile Solitarie – E allora, a questo punto, non resta che leggerlo e metterci in viaggio anche noi, non è così?

Ivo Carrozzo – Non svelerò null’altro. Ho già detto troppo.

Il tempo perduto è distribuito su amazon.it, sia in versione paperback che e-book.

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