Victor Hugo, il folle che si credeva Victor Hugo

(fonte dell’immagine della cattedrale di Notre-Dame: focusjunior)

Tra grandi scrittori vissuti in povertà, poeti spirati nella miseria, drammaturghi sconosciuti e senza un soldo bucato, nell’Ottocento francese c’è una figura di letterato che si differenzia da tutte le altre, perché vissuto (e morto) come una celebrità, tra gli agi derivanti dai guadagni ottenuti tramite i propri scritti: Victor Hugo. Artista eclettico, si dedicò alla scrittura di romanzi, opere teatrali, poesie, satire, ma anche saggi; fu grande disegnatore, attivista per i diritti umani, uomo politico. La caratura del personaggio è immensa, tanto che nessuno scrittore ottocentesco poté esimersi dal confrontarsi con lui, vero protagonista della Francia del suo tempo.

«Una figura che occupò tutto il XIX secolo.»

Mario Vargas Llosa

Gli inizi

Victor-Marie Hugo nacque a Besançon, non lontano dal confine svizzero, nel 1802, in un’epoca di grandi sconvolgimenti per la Francia e per l’Europa; suo padre, Joseph Léopold Sigisbert Hugo, era un generale napoleonico che veniva mandato in giro per il Vecchio Continente. Fino alla separazione dei genitori i figli viaggiarono al seguito del padre, tornando poi nel 1813 a Parigi con la madre. Lì, Victor si iscrisse alla Scuola Politecnica, ma presto la vocazione letteraria ebbe il sopravvento. Pare infatti che a quattordici anni, dopo essere stato escluso da un concorso di poesia poiché la giuria non poteva credere che l’autore del suo componimento fosse un ragazzo tanto giovane, Hugo avesse annotato sul proprio quaderno la frase: «Voglio essere o Chateaubriand o niente.»

Un ritratto del giovane Victor Hugo (fonte: Wikipedia)

Victor Hugo e una storia famigliare densa di dolore

Appena ventenne, Victor Hugo ricevette una pensione annuale di mille franchi dal re Luigi XVIII per sostenere la sua attività di scrittore; fu così in grado di sostentarsi grazie alla letteratura (uno tra i primi) e di pensare al matrimonio con l’amica di sempre Adèle Foucher. Dal rapporto con la donna nacquero cinque figli, ma la loro sorte fu tragica: due morirono non ancora adulti, altri due spirarono prima del padre; l’unica che gli sopravvisse, Adèle, fu internata in un manicomio. Le sofferenze familiari tormentarono non poco Victor Hugo, specialmente la morte per annegamento durante una gita in barca dell’amatissima figlia Léopoldine e del genero Charles Vacquerie; ne apprese la notizia al rientro da una vacanza, dal giornale Le Siècle, e la tragedia gli causò una grave depressione che lo gettò in un tremendo blocco dello scrittore durato dieci anni.

L’attività politica e l’esilio

Durante la sua lontananza dalla letteratura iniziò però la sua attività politica, e venne nominato Pari di Francia dal re Luigi Filippo d’Orléans. Fece parte dell’Assemblea Costituente dopo la rivoluzione del 1848, ma con il colpo di stato di Luigi Napoleone iniziarono per lui i guai: osteggiò con asprezza il futuro Napoleone III e fu per questo costretto all’esilio, viste le sue forti convinzioni repubblicane.

«Quando la conoscenza si trova in un solo uomo, la monarchia s’impone. Quando si trova in un gruppo d’uomini, questa deve far posto all’aristocrazia. Ma quando tutti hanno accesso ai lumi del sapere, è venuto il tempo della democrazia.»

Si rifugiò a Bruxelles prima, sulle isole della manica di Jersey e Guernesey poi, dove ebbe il tempo di riprendere l’attività letteraria; la scelta dell’esilio, dettata dalla sua integrità, gli valse numerosi plausi, nonché lo rese negli anni seguenti pressoché inattaccabile sotto l’aspetto della coerenza.

Due vedute delle isole di Guernesey (a sinistra) e Jersey (a destra) (fonti: TripAdvisor e TheGuardian)

La produzione letteraria

Victor Hugo è considerato da molti l’iniziatore del romanticismo francese, di cui scrisse il manifesto nel 1827 all’interno della prefazione dell’opera teatrale Cromwell, che Gautier disse risplendere «come le Tavole della legge.» Con il suo successivo dramma Hernani iniziò poi la cosiddetta bataille d’Hernani, una querelle che affermò il romanticismo come corrente letteraria dominante; tuttavia Hugo si distaccò dalla solitudine e dalla malinconia tipiche dei romantici, grazie a un’innata capacità di cogliere l’ironia dei fatti della vita. Ebbe una passione smodata per il grottesco (incarnato da Quasimodo in Notre-Dame de Paris), per l’incredibile, l’esagerato (come l’obbedienza totale e irrealistica alla legge del Javert de I Miserabili), per l’oscurità e le caverne; tutti elementi ricorrenti all’interno della sua opera.

I romanzi di Victor Hugo

Nei suoi romanzi Hugo si distinse dalla narrava tradizionale, ignorando le vicende dei nobili e dei facoltosi (che allora andavano per la maggiore in letteratura) per interessarsi alle vicende degli ultimi, dei derelitti, di cui seppe dare un’immagine a tinte estreme che ha molto della forza visiva e passionale delle tele del Caravaggio. È evidente inoltre negli scritti di Victor Hugo la ricerca del cosiddetto “romanzo totale”, non più incentrato su un personaggio soltanto, ma volto a offrire una panoramica completa della realtà in cui viene calato. E così, Notre-Dame de Paris si propone di regalare al lettore l’esperienza della vita nella Parigi del XV secolo, mentre I Miserabili vuole immergerlo nella melma di quella del XIX, con l’obiettivo di portare a una maggiore comprensione dei grandi quesiti esistenziali e delle dinamiche sociali.

«Diede un’idea della letteratura che oggi non esiste più: che la letteratura sia un insegnamento di vita, che ciò che la fantasia dello scrittore converte in storia può essere una guida che permetta agli uomini il raggiungimento della felicità.»

Mario Vargas Llosa
I romanzi di Victor Hugo continuano ad essere un’ispirazione per gli artisti moderni; nel 1996, la Disney creò “Il gobbo di Notre Dame” ispirandosi al suo “Notre-Dame de Paris” (fonte: Wikipedia)

Il ritorno dall’esilio, la morte e i funerali: Victor Hugo la superstar

La sua attività letteraria e politica ottenne a Victor Hugo una celebrità prima di allora riservata solamente ai re e ai grandi condottieri, tanto che al ritorno a Parigi dopo l’esilio fu accolto da una folla oceanica: secondo le stime dell’epoca, circa un milione di persone si radunò festante per vederlo. Gli fu riservata insomma l’accoglienza che oggi viene concessa alle rockstar, alle stelle di Hollywood, ai grandi calciatori. Divenne presto un punto di riferimento per gli altri letterati, ma anche per la restaurata Repubblica, affermandosi come colui a cui ci si rivolgeva per risolvere i problemi insolvibili. Quando un uomo tanto grande si spense, fu dunque naturale che la Francia gli rendesse omaggi degni dei Cesari: al suo funerale accorsero tre milioni di persone (dato incredibile per l’epoca e non solo), e la sua salma fu vegliata ed esposta per una notte sotto l’Arco di Trionfo. Fu seppellito al Pantheon, dove tutt’ora riposa accanto a due esimi colleghi come Alexandre Dumas ed Émile Zola.

L’interno del Pantheon di Parigi (fonte: Wikipedia)

Un folle che si credeva Victor Hugo

Victor Hugo non restò insensibile a quella fama smisurata. Dopotutto, era uomo anche lui, e la celebrità mise in evidenza il suo più grande difetto: la vanità. Il suo ego, infatti, si gonfiò a tal punto che Jean Cocteau arrivò a scrivere quella che forse è la citazione più famosa sullo scrittore di Besançon: «Victor Hugo era un folle che si credeva Victor Hugo.» («Victor Hugo était un fou qui se prenait pour Victor Hugo.») La sua superbia si tradusse ad esempio nel suo personalissimo monumento all’egolatria, la casa dell’esilio da lui progettata: non c’era infatti stanza che non recasse le sue iniziali, e in sala da pranzo fece installare un trono dal quale guardava gli altri commensali come un imperatore. Certo, nulla di che a confronto con il dannunziano e successivo Vittoriale degli Italiani, ma comunque notevole. E il suo elevarsi al di sopra della massa si riflette innegabilmente nel personaggio del narratore dei suoi romanzi, che interrompe spesso la narrazione per inserire un proprio commento, come farebbe un maestro di fronte ai propri alunni; una presenza ingombrante per il lettore moderno, ma gestita in maniera tale da portare il lettore ad aspettare con ansia l’intervento di Hugo, senza il quale le pagine finiscono per sembrare incomplete.

Le motivazioni dietro alla sua superbia

Occorre concedere al buon Victor Hugo, tuttavia, come il suo orgoglio gonfiato avesse buone basi per esistere. Ebbe infatti un’influenza considerevole sulla società e sulla cultura francese, per la quale qualsiasi romanziere, poeta,  drammaturgo o uomo politico del suo tempo (e oltre) dovette giocoforza confrontarsi con lui. Aveva inoltre una facilità di scrittura raramente vista in un uomo: si dice che scrisse Notre-Dame de Paris in solamente sei mesi, e risulta difficile per uno scrittore comune credere che un’opera tanto coerente, tanto ben bilanciata abbia richiesto un lasso di tempo così breve. Grazie a questa capacità Hugo lasciò dunque una serie infinita di romanzi, poesie e poemi, drammi, lettere, saggi, satire e pamphlet; certo, scrivendo così tanto non poté mantenere standard di qualità sempre altissimi, ma la mole del materiale è sicuramente notevole. Da ultimo, gli si concede per la superbia una motivazione… anatomica, sebbene a lui probabilmente sconosciuta: il suo cervello è infatti stato oggetto di studio, avendo un volume decisamente maggiore del normale, 2000 cm³ contro una media circa 1500 cm³.

Una vita sessuale sopra le righe

Se ragionando sulla mole impressionante delle sue opere si potrebbe pensare a una sorta di topo di biblioteca con poche relazioni con il mondo esterno, la realtà ribalta completamente la visione. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare Victor Hugo ebbe infatti una vita sessuale estremamente attiva, nonostante fosse arrivato vergine al matrimonio. La prima notte di nozze, nella quale una delle sue prime biografie dice che fece l’amore alla moglie nove volte, scattò in lui una sorta di meccanismo che scatenò i suoi istinti passionali, lanciandolo verso una vita libertina che durò fino a circa due anni prima della morte. Esistono prove infatti di come a più di ottant’anni avesse preso il tram per andare a letto con una sua antica serva, e nella sua casa restò sempre aperta la porticina nascosta da dove faceva entrare le innumerevoli amanti. Ma in tutto questo come reagì Adèle Foucher? La moglie non ebbe diritto a lamentarsi, giacché fu scoperta dopo qualche anno di matrimonio a tradirlo con l’amico di famiglia Sainte-Beuve; Victor fu così “autorizzato” a crearsi uno stuolo di amanti, tra cui la più famosa, che lo accompagnerà per circa cinquant’anni, fu l’attrice Juliette Drouet.


Un ritratto dell’amante storica Juliette Drouet (fonte: victorhugoinguernsey)

“Vacca da latte, 50 centesimi”

La chicca più “gustosa” sulla sua vita sessuale (sulla quale il critico letterario Henri Guillemin scrisse un libro intero, Victor Hugo et la sexualité) arriva però sorprendentemente dal libretto delle spese di Hugo, su cui lo scrittore appuntava con attenzione metodica tutte le uscite, domestiche e non. Era ovviamente redatto in francese, ma se si faceva attenzione si potevano individuare alcune voci scritte in spagnolo: erano le spese relative alle sue vicende amorose. Si poteva così trovare scritto: “Vaca lechera, 50 centavos” (vacca da latte, 50 centesimi), e si sapeva che in cambio di un compenso una donna gli aveva mostrato il seno; “Toda completa, 1 franco” (tutta completa, un franco), e si sapeva che in tale data Hugo aveva visto una donna completamente nuda; “Toda toda toda, 2 francos” (tutta tutta tutta, 2 franchi) e si sapeva che aveva fatto l’amore.

Victor Hugo, una figura straordinaria

Su un tale personaggio si potrebbe scrivere all’infinito, e si è scritto veramente moltissimo: stando allo studioso Jean Marc Hovasse, se qualcuno dedicasse quattordici ore al giorno, dal lunedì al sabato, a leggere i libri e i documenti della Bibliotheque Nationale de France su Victor Hugo tarderebbe non meno di venti anni a finirli. E dunque, per parlare di un gigante come lui un articolo non potrà mai essere sufficiente; questo, incastrato nella sezione “Ritratti”, non può essere altro che uno schizzo, un abbozzo veloce della figura di uno scrittore, di un uomo, che seppe dominare la sua epoca come pochi altri nella storia.

“C’è chi si fissa a vedere solo il buio. Io preferisco contemplare le stelle. Ciascuno ha il suo modo di guardare la notte.”

Victor Hugo

Washoe

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