Vacanze romane (1953) – con Audrey Hepburn e Gregory Peck

Vacanze romane

Di Washoe

Tra le commedie romantiche più amate di sempre, Vacanze romane (1953) è un film leggero, divertente, entrato fin da subito nell’immaginario comune con alcune scene indimenticabili. La pellicola riscosse all’uscita un considerevole successo di critica e divenne presto un’opera pluripremiata (agli Oscar, ai Golden Globe, ai BAFTA); eppure, il suo successo e la sua longevità non derivano certo dai riconoscimenti, quanto piuttosto dal merito di aver lanciato sui tappeti rossi una delle stelle più luminose della storia di Hollywood: Audrey Hepburn.

Audrey Hepburn
Audrey Hepburn (fonte: supereva)

Il viaggio della principessa

Anna (Audrey Hepburn) è la principessa ed erede al trono di regno un non specificato, impegnata in un tour di visite nelle principali capitali europee; dopo essere stata a Londra, Amsterdam e Parigi giunge nella Città Eterna, Roma. Qui, tuttavia, esasperata dall’etichetta di corte e dalle giornate fittissime di impegni, la principessa ha una crisi isterica, curata con un potente sedativo. Prima che questo faccia effetto, però, la giovane si lancia in una fortunosa fuga dal palazzo dove alloggia, nella speranza di vedere la città senza dover stare a ritmi imposti dagli altri; manco a dirlo il sedativo comincia a funzionare improvvisamente e la principessa Anna si addormenta sul ciglio della strada, accanto alle maestose ed indifferenti colonne dei fori imperiali. Lì viene soccorsa dal giornalista americano Joe Bradley (Gregory Peck) che, non riconoscendola e credendola ubriaca, cerca di riportarla a casa; resosi conto dell’incapacità della donna di intendere e volere, tuttavia, decide di accoglierla nel proprio appartamento, dove le permette di trascorrere la notte.

Hepburn e Peck

Le vacanze romane di Anna

Il giorno successivo l’entourage della principessa diffonde la comunicazione di una sua forte febbre improvvisa, nel tentativo di coprire la fuga e giustificarne l’assenza agli impegni ufficiali. La notizia della presunta malattia viene ripresa dalle principali testate giornalistiche, tra cui Il Messaggero; arrivando al lavoro all’indomani e vedendo la foto della principessa pubblicata dal quotidiano romano, Joe Bradley si rende conto del calibro reale della donna che aveva ospitato presso il proprio appartamento e sente odore di scoop. Ricevuta la promessa dello stratosferico compenso di $5000 dal proprio capo per un’intervista esclusiva con Anna si precipita a casa, non prima di aver chiamato l’amico fotografo Irving Radovich (Eddie Albert) per avere delle immagini da allegare all’articolo; dopo averla svegliata Joe finge di non averla ancora riconosciuta, offrendosi come guida per la città con l’intento di raccogliere le informazioni di cui ha bisogno per il proprio pezzo. Accade però qualcosa che il giornalista non aveva previsto: dopo aver trascorso l’intera giornata insieme i due si innamorano e, dopo una rocambolesca fuga da un gruppo di agenti segreti che voleva riportare Anna a casa, si baciano sulle rive del Tevere. Tuttavia, entrambi sono consapevoli di come si tratti di un amore impossibile, e dopo essersi detti addio ritornano ciascuno alla propria vita. Il giorno successivo Anna tiene una conferenza stampa e Joe vi si presenta, rivelando il proprio mestiere con grande disappunto di lei, che si sente tradita; durante l’evento, tuttavia, Bradley le farà capire che nulla di ciò che hanno vissuto insieme verrà pubblicato sui giornali, e quella giornata resterà per sempre nella loro memoria come la splendida vacanza romana della principessa.

La Vespa

L’esordio di Audrey Hepburn

Come detto, Vacanze Romane brilla della luce splendente di un’allora ventiquattrenne Audrey Hepburn, nel 1953 ancora sconosciuta al grande pubblico. Con questo film il mondo di Hollywood scopre tutta la sua grazia, la sua bellezza magnetica, il suo talento; talento non soltanto per la recitazione, ma anche per la commedia. La Hepburn è infatti perfetta per il ruolo della principessa, perché risulta davvero credibile nei panni regali per portamento, maniere ed eleganza (onorando il sangue nobile ereditato dalla madre baronessa); ma il livello non scende nemmeno quando deve interpretare una Anna sotto l’effetto del sedativo, ritraendo un’ubriacatura impeccabile e dolcemente divertente, simile a quella di cui è vittima l’Holly Golightly che interpreterà qualche anno dopo in Colazione da Tiffany. A sorprendere è la sua capacità di offrire una recitazione, si potrebbe dire, corporale, notevole per un’esordiente in quell’epoca del cinema, che non si avvale cioè soltanto della voce, ma che si rafforza utilizzando un’espressione delle labbra, un movimento frenetico delle palpebre, una testa che ciondola, delle braccia lasciate cadere a peso morto. E, oltre al talento indubbio, certamente la bellezza unica nel suo genere della Hepburn recita una parte importante per la riuscita del personaggio della principessa.

Gregory Peck e il suo Joe Bradley

Al fianco della Hepburn c’è una delle stelle della Hollywood degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta: Gregory Peck, nel ruolo del giornalista Joe Bradley. Dal canto suo, Peck offre una recitazione misurata, mai sopra le righe, che trasmette grande calma anche nei momenti di concitazione, grazie alle spalle larghe e ad un sorriso sempre rassicurante. E il personaggio, in effetti, si presta bene a questo tipo di recitazione: vagamente italiano per una certa tendenza all’arte “di arrangiarsi”, prima si lascia prendere dall’avidità quando sente odore di scoop, poi dimostra una grande caratura morale, rinunciando all’ingente somma dell’intervista per rispetto alla principessa e al sentimento che era sbocciato tra di loro. Già prima, tuttavia, aveva manifestato questo suo carattere di integrità, accogliendo in casa propria una ragazza sconosciuta e ubriaca senza altro scopo se non quello di offrirle un riparo per la notte e proteggerla dai malintenzionati.

Gregory Peck

Roma e l’Italia in Vacanze romane

Il terzo personaggio centrale in Vacanze romane non è un essere umano, bensì è Roma, e l’Italia intera con lei. Anna e Joe si muovono infatti nella Città Eterna del dopoguerra, quando gli orrori del conflitto stavano lentamente diventando un ricordo lontano e la vita nella Prima Repubblica prometteva grandi cose per tutti. Il rumore allegro, le grida degli ambulanti, la folla che si muove tra le bancarelle dei mercati e nelle strade, le feste sul Tevere: tutto concorre a dare una sensazione di vitalità e grande speranza nel futuro. La principessa Anna sembra trovarsi perfettamente a proprio agio tra gli abitanti della capitale, conquistando le loro gentilezze grazie al suo fascino nobile e giovanile; Joe invece la guida tra le strade della città con scioltezza, seguendo una sceneggiatura che sa includere nel film quasi tutti i monumenti più importanti della città senza forzature, rendendoli contorno e parte integrante della vicenda. L’Italia contribuisce con il proprio fascino fresco e senza tempo a creare l’atmosfera perfetta, con il film che si appropria dei sui caratteri e li rende il terreno fertile sui cui far fiorire la storia. Ma il Bel Paese a sua volta deve molto da Vacanze romane, in quanto fu la pellicola capace di risvegliare l’interesse del mondo anglosassone verso una nazione meravigliosa che usciva in quegli anni dall’oscura stagione fascista. Con il film, infatti, si può dire che nasca la passione americana per il Made in Italy, compreso l’amore incondizionato per quella mitica Vespa Piaggio che è tornata in auge proprio in questo periodo grazie al film Pixar Luca (nel quale ad un certo punto si vede, non per niente, una locandina di Vacanze romane appesa ad una parete).

Vacanze romane in Luca
Il poster di Vacanze romane nel film Pixar Luca

Il tema

Per quanto riguarda il tema centrale del film, la principessa Anna rappresenta il classico paradigma della giovane intrappolata in un ruolo che non si è scelta da sé. L’etichetta di corte, gli impegni, i frequenti e lunghi viaggi diplomatici la portano all’esaurimento nervoso: Anna si sente ingabbiata nella sua fittissima agenda, in palazzi meravigliosi nei quali però non può mai vedere le persone che le interessano ma soltanto i rappresentanti delle istituzioni, spesso anziani e alquanto noiosi. Se da un lato si potrebbe pensare che quelli della principessa sono falsi problemi (nulla a che vedere con tutte le persone che faticano a mettere il pane sotto ai denti), si finisce ad ogni modo per empatizzare con lei e comprendere il senso di prigionia che la opprime; prigionia in una gabbia dorata, certo, ma pur sempre prigionia. Anna diventa così la dimostrazione che la sicurezza economica e la ricchezza non sono di per sé sufficienti a raggiungere la felicità, se sono sprovvisti di ogni libertà individuale e calore umano. Si tratta di una lezione certo un po’ banale e persino “inflazionata”, ma Vacanze romane è pur sempre una commedia romantica (anzi, il prototipo della commedia romantica): le considerazioni morali le lascia ad altre pellicole, mentre lei si occupa di strappare un sorriso e di incantare lo spettatore con il suo fascino senza tempo.

Principessa Anna

Leggi altri articoli della categoria Cinema

Leggi altri articoli sul cinema statunitense

Seguici sui nostri social:

Facebook: Aquile Solitarie

Instagram: Aquile Solitarie (@aquilesolitarieblog)

Twitter: Aquile Solitarie (@AquileSolitarie)