Uomini e topi – John Steinbeck

Uomini e topi

Di Washoe

Come succederà anni dopo con Furore e La Valle dell’Eden, anche in Uomini e Topi Steinbeck si avventura in quello che può essere considerato il suo habitat ideale, l’Ovest degli Stati Uniti, la frontiera. Un luogo senza tempo perché senza un passato, dove respirare il vero Spirito Americano, la libertà di iniziativa, la possibilità per chiunque di trovare un riscatto. In Uomini e Topi Steinbeck focalizza la propria attenzione non sugli arrivati, ma sugli ultimi, sui diseredati, su chi deve lottare per avere qualcosa sotto i denti e un tetto sopra la testa, in una realtà rurale dove la natura gioca un suggestivo ruolo di cornice.

Ranch
Un dipinto che rappresenta un ranch americano (autrice: Kimberly Boulon)

La coppia di protagonisti

Protagonista di Uomini e Topi è una coppia di braccianti inseparabili, eccezione alle regole di un mondo, quello della campagna del West, fatto di lupi solitari. Il leader della coppia, George, è un uomo piccolino, dalla mente acuta e dalla spiccata capacità di analizzare la realtà in cui viene calato, per capire dove si trovano i pericoli e dove sono invece i potenziali alleati. In antitesi alle sue caratteristiche, Lennie è un ragazzone enorme dotato di una forza quasi sovrumana, che però soffre di un fortissimo ritardo mentale. È come un bambino troppo cresciuto (o un animale dai pollici opponibili), incapace di rispondere delle proprie azioni e di controllare la propria forza e i propri istinti. Ognuno con i propri pregi e limiti, i due si completano e sanno di non poter vivere l’uno senza l’altro: Lennie ha bisogno di qualcuno che lo tenga sotto controllo, mentre a George torna utile la forza fisica dell’amico, in grado di impressionare i potenziali datori di lavoro. Ma non solo: Lennie è un antidoto alla solitudine e soprattutto una fonte inesauribile di speranza, perché è capace, con la sua genuinità, di riaccendere in lui nei momenti più bui la voglia di credere in un futuro migliore.

Il sogno di Lennie e George

A tenerli a galla nel loro difficile mondo c’è il sogno di una vita, quello di acquistare una fattoria con un pezzo di terra, degli animali, una casa accogliente, e di conquistare con essa il privilegio di non dipendere da nessuno, di decidere quando lavorare, quanto faticare, quando riposare, senza più incertezze né paure. È in nome di quel sogno che George e Lennie accumulano da sempre i guadagni raccolti con il loro sudore, senza cedere alle tentazioni facili delle taverne e dei bordelli. Ma non è semplice continuare a crederci, perché la vita colpisce duro, a più riprese. Hanno entrambi bisogno di sentire che il desiderio è vivo, di vedere la fattoria materializzarsi davanti ai propri occhi grazie al potere dell’immaginazione. Per questo Lennie chiede spesso a George di parlare della fattoria, di raccontare ciò che un giorno sarà loro. E ogni volta George protesta, dice di essere stufo di raccontare, ma si tratta solo di un loro piccolo rituale: anche lui si lascia trasportare dalla propria voce mentre dà forma alle loro aspirazioni, e non è difficile immaginare i suoi occhi lucidi mentre parla, con lo sguardo che si perde oltre l’orizzonte, verso il futuro e la dolcezza di un sogno che, in fondo, è l’unica cosa che li tiene saldamente aggrappati alla vita tra le numerose amarezze quotidiane. 

George e Lennie
George (a sinistra) e Lennie (a destra) nel film Uomini e Topi del 1992

L’inizio di Uomini e Topi

Queste sono le premesse nel momento in cui Lennie e George, al principio del romanzo, giungono in un nuovo ranch in cerca di un impiego. E incredibilmente appena arrivati sembrano davvero sul punto di realizzare il sogno, trovando un alleato inaspettato nello scopino Candy. Questi, un anziano lavoratore a cui manca una mano, ha messo da parte negli anni una sorprendente somma di denaro; venuto a conoscenza dei progetti di George e Lennie grazie all’ingenuità di quest’ultimo, offre tutta la propria buona volontà, ma soprattutto il proprio patrimonio in cambio di una vecchiaia serena da passare assieme a loro nella nuova fattoria. Ma Candy non è l’unico ad essere attratto dal desiderio segreto dei due uomini. Oltre al vecchio monco, nella fattoria lavora un altro derelitto: si tratta del nero Crooks, discriminato per il colore della pelle dagli altri lavoratori della fattoria, discriminato anche da se stesso in quanto non vuole essere avvicinato da nessuno. Quando però Lennie gli racconta del sogno qualcosa scatta in lui: lo sguardo gli si illumina di fronte alla possibilità di un riscatto personale, e Crooks propone a sua volta di aggiungere il proprio piccolo capitale e la propria forza lavoro per acquistare l’agognato pezzo di terra e liberarsi dal giogo dei padroni. 

Il profumo della rivincita e l’orrore della disfatta

Non è un caso che a unirsi a Lennie e George, visti con sospetto dagli altri braccianti per via del loro viaggiare in coppia, siano un monco e un nero: il loro sogno realizzato rappresenterebbe la rivincita degli ultimi sui padroni, il riscatto dei diseredati. Eppure, come troppo spesso accade nella realtà (ed in particolare nei romanzi di Steinbeck), proprio quando sembrano sul punto di toccare il cielo con un dito qualcosa va storto, e il sogno si infrange sul più bello. Ed è ironico che la rovina arrivi a causa di Lennie, la cui ingenuità era stata ciò che aveva permesso a Candy e Crooks di venire a conoscenza dei loro progetti. Ma dopotutto era evidente fin dal principio che la stupidità che lo aveva emarginato era destinata ad essere la sua definitiva rovina. George ne aveva già avuto un presentimento quando si era accorto dell’insidia rappresentata dalla moglie di Curley, il figlio del proprietario: una donna civettuola, insoddisfatta del proprio matrimonio e pronta a causare grane intromettendosi nella vita dei lavoratori. Lennie ha un debole per tutto ciò che è morbido e soffice e così, quando la donna gli si avvicina troppo in un momento in cui George non c’è, la morbidezza dei capelli e dei vestiti di lei diventa un’attrazione irresistibile. Lennie non sa resistere ai propri istinti, vorrebbe soltanto accarezzarla. Ma la donna non lo capisce e cerca di fuggire, e con le sue urla finisce per spaventarlo a morte. Completamente intontito, l’uomo la stringe a sé nel tentativo di farla stare in silenzio, ma non sa controllare la propria forza e la uccide. È l’inizio della fine. 

Moglie di Curley
La moglie di Curley nel film del 1992

Il finale di Uomini e Topi

Ricordandosi di una raccomandazione di George, che gli aveva detto di andarsi a nascondere in un boschetto nei pressi della fattoria nel caso si fosse messo nei guai, Lennie fugge dalla scena del delitto. È una fortuna: non appena si accorge dell’omicidio Curley, più per orgoglio che per amore, monta su tutte le furie e raccoglie attorno a sé tutti i braccianti per lanciarsi in un opera di linciaggio. Consapevole degli orrori a cui l’amico sta andando incontro, George ruba una pistola ad uno dei compagni e va ad incontrarlo nel luogo dove gli aveva detto di nascondersi. Con il cuore spezzato, mentre gli racconta della fattoria per l’ultima, straziante volta, gli spara alla nuca, e lo sopprime come si fa con un cane troppo vecchio. Il suo non è però un gesto di pietà, ed è importante sottolinearlo: si tratta di un gesto d’amore profondo, l’ultimo di George verso il fedele amico Lennie. La decisione di ucciderlo è la scelta di un uomo che accetta a malincuore di separarsi da qualcuno a cui vuole un bene dell’anima, rassegnandosi a restare solo al mondo pur di non vederlo soffrire. Premendo il grilletto sopprime anche una parte di se stesso: il vero sacrificato è lui, non l’inconsapevole, animalesco Lennie. Il parallelismo tra quest’ultimo e il vecchio cane di Candy, soppresso poco prima nella stessa maniera e con la stessa pistola, è evidente, e avvicina ancora di più Lennie allo stato di natura, ossia ad una condizione nella quale il debole finisce sempre per soccombere. Ed è quello che succede a lui, a George, a Candy, a Crooks, a tutti i diseredati, destinati a continuare a soffrire.

Un piccolo bagliore di speranza

Sul finale di Uomini e Topi affiora dunque un forte pessimismo: sembra che per Steinbeck non esista la possibilità, propagandata dall’idealismo di sinistra dell’epoca, per gli ultimi di unirsi e riuscire con uno sforzo collettivo a sopraffare il padrone. Ma non è del tutto vero. Dopo la toccante scena della morte di Lennie si intravede infatti un piccolo barlume di speranza, nella scena in cui George e Slim, un altro bracciante, il più carismatico, il più sensibile e intelligente, se ne vanno verso l’orizzonte confabulando di chissà che cosa. Parlando a Curley, uno dei braccianti si lascia scappare una domanda: “Che cribbio hanno secondo voi quei due?” La sua curiosità apre il campo ad infinite possibilità future: George ha perso sì Lennie, cioè un pezzo del suo cuore, ma forse ha trovato un nuovo compagno, qualcuno che sappia capire le sue ragioni, la sua sofferenza, i suoi desideri. Un lampo piccolo ma significativo che non è dissimile da quello che si intravede nel finale di Furore, dove Rosa Tea allatta un vecchio padre morente e gli salva la vita. Come se Steinbeck volesse dire a tutti i suoi lettori che per ora no, gli ultimi resteranno ultimi, i sofferenti continueranno a soffrire, e la solidarietà rimarrà un miraggio. Ma, forse, un giorno…

John Steinbeck
John Steinbeck (fonte: diegoalvera)

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