DI WASHOE
Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitz, ha avuto un riconoscimento tardivo della qualità della sua opera, avvenuto principalmente grazie all’intercessione dell’amico e maestro James Joyce. Tuttavia, l’autore non ha tardato ad esprimere caratteristiche ben precise nella sua produzione, già riconoscibili nel suo primo romanzo: Una vita (1892). Il tratto più tipicamente sveviano di questo lavoro è ben esplicato da quello che in origine sarebbe dovuto essere il titolo del libro: Un inetto. Racconta infatti la storia di Alfonso Nitti, uomo totalmente incapace di ottenere un qualsiasi successo nella propria vita.
La trama di Una vita
Alfonso è cresciuto in un paesino di campagna, e si ritrova quasi suo malgrado a lavorare nella moderna città di Trieste, a quel tempo importante centro economico e commerciale dell’Impero Austroungarico. Curiosamente, il suo lavoro corrisponde a quello che Svevo ha mantenuto per più di quindici anni, ossia l’impiegato in una banca, che nel caso di Nitti è la Maller & Co. Come ogni nuovo arrivato Alfonso viene invitato a casa del suo padrone per un tè, dove incontra Francesca, amica di sua madre e frequentatrice assidua della casa, e Annetta, la figlia del principale. La visita non va come avrebbe desiderato ma gli permette di fare la conoscenza di Macario, cugino dei Maller, che lo prende in simpatia e lo introduce nell’alta società. Alfonso e Annetta hanno così l’occasione di conoscersi meglio, ed infine di innamorarsi l’uno dell’altra; tuttavia l’inettitudine del protagonista lo conduce verso un finale inaspettato.
La personalità del protagonista
Al centro di Una vita c’è dunque la strana personalità di Alfonso, personaggio nostalgico che non si riesce ad adattare all’ambiente cittadino per via di carattere debole e vagamente antisociale. Il suo sentimento d’inadeguatezza per la vita triestina lo porta a sentirsi fuori posto, e a comportarsi con distacco e contegno eccessivo persino con chi gli dimostra interesse. La malinconia lo costringe a rifugiarsi prima nei vecchi libri di scuola, che gli portano alla mente ricordi felici, e successivamente nella letteratura: inizia a frequentare assiduamente la biblioteca, dove intraprende uno studio “matto e disperatissimo” (ma inefficace, al contrario di quello di Leopardi) attraverso il quale cerca inutilmente di sfogare la propria frustrazione. L’interazione con gli altri personaggi è resa infruttuosa dalla sua scarsa personalità, poiché non riesce a tradurre in parole i complessi pensieri che gli affollano la mente e per questo è invidioso di chi, pur essendo, a suo dire, meno intelligente e meno colto di lui, riesce a mostrare di saper padroneggiare gli argomenti più vari. La sua convinzione nelle proprie qualità sembra in contraddizione con quanto detto fin’ora, ma non lo è: è una consapevolezza malsicura, che viene e che va; ed è spesso proprio l’idea della propria superiorità intellettuale ad indurlo al silenzio e al distacco, convinto del fatto che parlando non verrebbe compreso.
La famiglia Lanucci…
Quando non lavora, Alfonso Nitti vive in affitto nella casa dei Lanucci, una famiglia disastrata che riesce solo con grande fatica ad arrivare alla fine del mese. Il padre è un sempliciotto, che nonostante si sforzi di dare una vita dignitosa ai propri figli finisce inevitabilmente per fallire nei propri intenti; chi porta davvero i pantaloni è piuttosto la signora Lanucci, la quale mantiene uniti i pezzi della famiglia e riempie di attenzioni Alfonso considerandolo, pur con la sua scarsa paga di impiegato, una vera risorsa per risollevare le sorti della casa. Il suo obiettivo è infatti quello di dargli in sposa la propria figlia, Lucia, che accetta l’idea con la convinzione che si tratti della cosa giusta da fare per il bene dei propri cari. L’altro figlio invece, di nome Gustavo, è uno scansafatiche che riesce nella difficile impresa di perdere qualsiasi lavoro il padre riesca a procurargli; tuttavia è il membro della famiglia che più di tutti attira la simpatia di Alfonso, in parte perché l’unico a dimostrarsi sempre franco con lui, in parte perché ne ammira la convinzione con cui segue la propria filosofia di vita: faticare il meno possibile. I Lanucci sono insomma una famiglia di “vinti” (anche se Svevo con Verga c’entra poco): ogni loro progetto è destinato a naufragare miseramente, a partire dagli affari disastrosi del padre, passando per il matrimonio tanto agognato e che non si farà, fino alla gravidanza improvvisa e nefasta di Lucia e ai propositi di vendetta di Gustavo, che si perdono in una banale ubriacatura.
… e la famiglia Maller
L’altro nucleo familiare che viene presentato si trova invece all’opposto della piramide sociale: è la ricca e rispettata famiglia Maller. Qui la figura della madre è assente, perché morta in giovane età; il padre, proprietario della banca in cui Nitti lavora, ci viene disegnato come un uomo tipicamente borghese, la cui cortesia un po’ affettata nasconde in realtà un’intima indifferenza verso i propri dipendenti. Anche Annetta è caratterizzata da una freddezza simile, che unita alla consapevolezza d’esser bella la rende una donna “civetta e leggera”. È estremamente volubile, tanto che le sue passioni cambiano spesso insieme alle persone di cui si circonda: è grazie a uno di questi interessi passeggeri, quello per la letteratura, che Alfonso ha l’opportunità di avvicinarla. L’altro componente rilevante della famiglia, sebbene non sia tale formalmente, è la signorina Francesca, l’amante segreta del signor Maller; per questo suo ruolo la donna è bersaglio dell’antipatia di Annetta, decisa ad impedirle di prendere il posto lasciato vuoto dalla madre defunta. È una donna decisa, ambiziosa, disposta a cospirare nel segreto pur di raggiungere i propri scopi: è proprio Francesca che, attraverso i suoi efficaci suggerimenti, permette il successo di Alfonso nel corteggiamento della signorina Maller, nella convinzione che il matrimonio della ragazza le avrebbe consentito finalmente di sposarne il padre. Nel romanzo compare in realtà un quarto componente, Federico; questi, fratello di Annetta e uomo effeminato e supponente, riveste tuttavia un’importanza secondaria nella storia, e anche quando il suo ruolo diventa cruciale nello svolgersi degli eventi agisce in realtà per conto di altri.
A metà tra due famiglie
Alfonso si trova a rimbalzare tra queste due famiglie così diverse; non c’è da stupirsi del fatto che una situazione simile non faccia altro che alimentare le sue insicurezze. A seconda dell’umore del giorno o della settimana, infatti, si sente ora più prossimo alle pene dei suoi affittuari, ora alle questioni dei banchieri, e finisce per disprezzare a turno l’una e l’altra parte. Si trova intrappolato a metà tra il popolo e l’élite, in una situazione in cui si sente troppo per appartenere ad una classe e troppo poco per far parte dell’altra, venendo in qualche modo rifiutato da entrambe e vivendo una costante sensazione di smarrimento.
Il vanitoso Macario e il rapporto con Alfonso
Altro personaggio interessante è Macario, cugino dei Maller. Lui e Nitti si incontrano casualmente in due occasioni diverse: in casa Maller, nella prima visita del giovane impiegato alla dimora del banchiere, e successivamente nella biblioteca della città. Macario prende in simpatia Alfonso, fondamentalmente per via della sua debolezza: è lusingato dalla maniera in cui Nitti gli dà sempre ragione, ignorando come questi lo faccia per non dover mai discutere con lui, arroccato nella convinzione di una superiorità intellettuale che in realtà non esiste. In questo modo Alfonso soddisfa la vanità di Macario e lo porta a cercarne la compagnia con insistenza, per il desiderio di avere con sé qualcuno che gli permetta di risaltare in continuazione le proprie indiscutibili doti. Ed è proprio lui ad introdurlo presso il salotto letterario di Annetta Maller, di fatto permettendogli di corteggiarla; tuttavia, a mano a mano che la loro relazione si fa più intensa, l’uomo scompare progressivamente. L’amore corrisposto infatti trasforma momentaneamente la personalità di Alfonso, che avendo perso parte della propria timidezza osa contraddirlo sempre più spesso; il motivo che lo spingeva ad essergli amico dunque non sussiste più e Macario si defila, per poi ritornare sotto forma di presenza ingombrante alla fine del racconto.
Il corteggiamento di Annetta
La seconda metà del libro è incentrata in buona parte sulla storia d’amore tra Alfonso ed Annetta, il cui fallimento è l’ennesimo atto d’inettitudine del protagonista. È una relazione che inizia nell’indifferenza totale di lei nei suoi confronti; tuttavia Alfonso reagisce come fanno i bambini, per i quali un giocattolo diventa indispensabile per il solo fatto d’esser stato negato, e s’innamora. E incredibilmente l’uomo sembra vedere esaudito il suo desiderio, per mezzo del caso e non dei meriti propri; anzi, è il suo isolamento sociale che lo mantiene all’oscuro dell’esistenza di una grande festa cittadina, ignoranza che lo porta a ritrovarsi da solo con la signorina Maller. I due si propongono in quell’occasione di scrivere un romanzo a quattro mani, ma la scarsa volontà d’animo di Alfonso unita a quella prepotente di Annetta finisce per non fargli avere letteralmente voce in capitolo; il libro che stanno stilando gli sembra frivolo, superficiale, sviluppato male e pieno di riempimenti inutili ai fini del soggetto principale. Nonostante tutto s’impone il silenzio, promettendosi di raccontarle i suoi dubbi a tempo debito; cosa che ovviamente non farà mai. I giorni trascorrono così, con i loro incontri che si fanno sempre più fitti e che sempre meno interessano il libro, e con gli sbalzi d’umore di Alfonso che a momenti sente di essere ricambiato, per poi precipitare nello sconforto solamente pochi minuti appresso. La relazione procede a piccoli passi e sembra addirittura giovare alla personalità di Nitti, che accresce la propria autostima e pare sempre più disinvolto. Un giorno, dopo averci pensato più del dovuto, si decide a baciare la mano di Annetta mentre la donna era tutta intenta nella scrittura; il gesto ardito è la sua dichiarazione d’amore, e la disinvoltura con cui ella sorvola su quel contatto rubato alimenta le sue speranze. La situazione resta però ancora stabile, e Alfonso si culla in quel limbo fino a che un bacio, questa volta sulle labbra, lo costringe ad intensificare l’opera di seduzione. Tutto diventa un gioco di sguardi, di rimproveri per una parola troppo accesa in presenza d’altri, di baci rubati, fino a quando si ritrovano ad avere un’intensa notte d’amore.
L’inettitudine che riemerge e il finale tragico
Quando tutto sembra risolversi per il meglio, però, l’inettitudine di Alfonso torna a materializzarsi. Annetta gli propone di tornarsene in campagna per qualche tempo, in modo da permetterle di preparargli la strada con il padre: il ricco banchiere avrebbe infatti difficilmente accettato di maritarla a un semplice impiegato. Francesca, fino ad allora consigliera impeccabile, lo implora di restare, e lo avverte che se fosse davvero ritornato per qualche tempo al proprio paese natale la loro storia d’amore sarebbe stata irrimediabilmente compromessa. Alfonso decide di partire nonostante la minaccia del fallimento, anzi, è proprio questo ciò che lo induce ad andarsene: la sua personalità incapace di vincere lo porta a convincersi di aver ottenuto l’amore di Annetta in maniera subdola, e quindi di non meritarlo. Torna allora nel villaggio natale, dove assiste impotente alla morte della madre; rientrato in città afferma di avere dimenticato Annetta e di aver raggiunto la propria condizione ideale, ossia di distacco dalle passioni degli uomini comuni. Ancora una volta si tratta però di una menzogna che racconta a sé stesso: basta uno sguardo della signorina Maller a farlo ricascare nel dubbio e indurlo a scrivere ancora alla sua amata, la quale nel frattempo aveva superato l’infatuazione e si era promessa a Macario. Così, quando la donna manda il proprio fratello a sfidarlo a duello per risolvere definitivamente il problema, Alfonso sceglie un inglorioso suicidio nella propria piccola e spoglia camera da letto, con la speranza di avere un giorno Annetta a piangere sulla propria tomba. Nitti è insomma un personaggio estremamente tragico; tuttavia, diversamente da altri uomini suicidi della letteratura, non ha in sé alcun segno di grandezza. Il narratore anzi in tutto il libro non perde occasione per denigrarlo e raccontarne le contraddizioni, e così il lettore, anziché compatire il protagonista per la sua triste storia, finisce per disprezzarlo, e il suicidio finale, pur avendo un certo sapore amaro, lascia l’inquietante sensazione che dopo tutto, con quella morte, il mondo abbia perso ben poca cosa.
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