Mentre morivo – William Faulkner

Mentre morivo

Di Washoe

Annoverato tra i capolavori della letteratura del Novecento, Mentre morivo (As I lay dying) di William Faulkner è uno straordinario racconto della realtà rurale del meridione degli Stati Uniti, nonché una riflessione su temi diversi, quali la morte, l’esistenza e il linguaggio. Innovativo per tecnica narrativa, la sua genesi lo rende ancor più eccezionale: all’epoca in cui lo scrisse, Faulkner lavorava di notte in una centrale elettrica, e redasse il romanzo scrivendo su di una carriola rovesciata durante le ore più inoperose, tra la mezzanotte e le quattro. Terminata la scrittura, dice Faulkner, non cambiò una sola parola del manoscritto originale.

La trama e la tecnica narrativa di Mentre morivo

La trama di per sé è semplice: una donna, Addie Bundren, madre di cinque figli, muore dopo una lenta agonia, e la famiglia parte in viaggio per soddisfare il suo desiderio di essere seppellita nel paese natale, Jefferson. La particolarità del romanzo sta nella tecnica narrativa utilizzata: Faulkner si auto estromette dalla narrazione, e lascia che siano i personaggi stessi a raccontare la vicenda, in una serie di capitoli che hanno al principio il nome di chi sta prendendo la parola. Di ognuno vengono riportati i pensieri in una sorta di flusso di coscienza, e ognuno racconta dunque i fatti dal proprio punto di vista: i capitoli sono come colpi di pennello, e piano piano il lettore deve fare il lavoro mentale di dirigerli affinché si ottenga il quadro completo. La presenza di narratori variegati rende impossibile stabilire una realtà oggettiva; il flusso di coscienza fa sì che il ritmo risulti lento, e che il tempo si accartocci e si pieghi su se stesso seguendo la cadenza dei pensieri.

Noi andiamo avanti, con un moto così soporifero, così sognante, che neppure fa pensare a un progredire, come se fosse il tempo e non lo spazio a diminuire fra noi e laggiù.

Citazione da Mentre morivo che sembra descriverne il ritmo
Cash e Darl
Cash (Jim Parrack) e Darl Bundren (James Franco) nel film As I Lay Dying (2013) diretto dallo stesso James Franco

L’incomunicazione

La scelta di utilizzare il flusso di coscienza, e di conoscere così i pensieri dei singoli personaggi, permette di comprendere quale sia il ruolo del linguaggio nella vicenda. La parola è normalmente il mezzo di espressione più utilizzato dall’essere umano, attraverso il quale comunicare i propri sentimenti, i propri bisogni, i propri pensieri; in Mentre morivo, invece, diventa un mezzo di incomunicazione. Ci viene presentata infatti una famiglia, quella dei Bundren, piena di rancori tra i suoi componenti, ognuno con il proprio segreto gelosamente tenuto nascosto: tutti i Bundren fanno della parola un mezzo di dissimulazione, incapaci di raccontare pensieri e sentimenti che eppure esistono, perché li vediamo riportati tra le pagine. 

Addie Bundren e la parola

Faulkner affida il compito di parlare di questo uso malato del linguaggio proprio ad Addie, in un capitolo posto, nella storia, in un momento nel quale la donna è già morta, senza specificare con chiarezza se si tratti di un flashback o piuttosto se stia parlando dall’oltretomba. Il capitolo è cruciale per capire alcune sfumature della vicenda, poiché evidenzia l’avversione di Addie nei confronti della parola, che ritiene colpevole di averla ingannata e spinta ad un matrimonio con Anse che è per lei sinonimo di prigionia e di catene. Le parole, secondo Addie, sono solo “una forma per riempire un vuoto”, oggetti inventati da qualcuno per esprimere cose che non ha mai provato (perché chi prova davvero qualcosa non ha bisogno di dargli un nome) e soprattutto per confondere chi come lei ama badare soltanto alla sostanza delle cose.

La presenza vivente della madre morta

Al contrario di quanto si potrebbe pensare leggendo la sinossi, Addie è una presenza vivente lungo tutto il romanzo, non solo nel capitolo in cui è voce narrante. Dopo esser spirata la donna viene posta nella bara, che da involucro diventa corpo vero e proprio; il contenitore non cambia la natura del contenuto, e così Addie, pur nella cassa, rimane un componente della famiglia a tutti gli effetti, che partecipa delle gioie e dei dolori e sembra a tratti agire autonomamente. Si può spiegare l’idea attraverso un’analogia con le parole (sempre loro, e non è un caso); si prenda ad esempio una sedia: che la si chiami così, oppure chair (in inglese), oppure silla (in spagnolo), sempre una sedia rimane, pur cambiando l’insieme di lettere che ne contiene il concetto. E proprio per il fatto di essere ancora una presenza vivente la donna non smette di dividere la famiglia come aveva sempre fatto, e le discussioni riguardo al destino della salma lacerano i Bundren dall’interno. Ognuno ha una maniera diversa di interiorizzare il lutto, e nessuno fa lo sforzo di capire l’altro: Cash si dedica alacremente al lavoro di falegname; Vardaman, da bambino analfabeta qual è, al vedere un pesce morto ne confonde l’immagine con quella della madre nella bara, e fa un’associazione errata di idee che costituisce da sola un intero capitolo: “mia madre è un pesce”; Dewey Dell la vede come un mezzo per arrivare in città e terminare una gravidanza segreta e non voluta.

Darl, Dewey Dell e Cash
Darl, Dewey Dell (Anna O’Reilly) e Cash, sempre nel film del 2013

Il dualismo di Mentre morivo: Darl e Jewel

I personaggi più interessanti sono però gli altri due figli, diversi come il giorno e la notte: da una parte Jewel, che ha un solo capitolo dedicato e che per questo viene definito solamente dalle sue azioni (o dalle parole degli altri); dall’altra Darl, il più intelligente dei cinque, l’unico che abbia mai viaggiato e l’unico capace di riflessioni complesse. Jewel viene spesso associato al legno per via della sua durezza, diffida dell’uso della parola, alla quale preferisce i fatti,  ed è figlio di una relazione extraconiugale mai scoperta della madre con il reverendo Whitfield, l’unica scelta libera che la donna abbia mai fatto; non stupisce dunque che sia lui l’unico figlio che Addie abbia mai amato. Al contrario, Darl è detestato dalla madre: lui che ama pensare, giocare con il linguaggio e fermarsi a riflettere rappresenta per lei tutto ciò che l’aveva portata verso le catene del matrimonio e della maternità.

Darl, il capro espiatorio

Forse però al di là del disprezzo c’è di più: il timore che Darl, a causa della sua capacità innata di intuire le cose, scopra la verità dietro alla nascita di Jewel. Per la sua disposizione a fermarsi a guardare, infatti, Darl nota dettagli che agli altri sfuggono, e riesce per questo a vedere oltre i sotterfugi dei familiari e a smascherarne i segreti. Una caratteristica che non può certo piacere agli altri componenti della famiglia, che per questo non esitano a farlo internare in un manicomio non appena sembra manifestare alcuni segnali di follia. Eppure, come ci racconta Cash, Darl non è veramente pazzo: è solamente il capro espiatorio individuato dalla famiglia per giustificare gli errori di ognuno, punito per avere una maniera diversa di pensare e soprattutto di guardare le cose.

[Darl] Non dice nulla; mi guarda e basta, con quei suoi occhi strambi che fanno parlare la gente.

Vernon Tull, vicino di casa dei Bundren, parla così di Darl

Il tema dell’esistenza e dell’identità

È vero però che, in una crisi di nervi dovuta al tradimento della famiglia, Darl finisce per essere alienato da se stesso: nel suo ultimo capitolo parla di sé in terza persona, come vedendosi dal di fuori, e il tema dell’identità (e dell’identificazione) assume grande rilevanza da lì in avanti e per tutto il finale. Già prima, durante il viaggio sul carro con la bara, Darl rimugina sul problema, chiedendosi che cosa faccia sì che una persona sia o non sia; in particolare, finisce per stabilire che se la madre è morta ella non è (non esiste più), ma se lei non esiste più allora Darl non ha madre, e ciò implica che Darl non esiste: è una tremenda crisi di identità che lo porta ad incagliarsi nelle parole in una maniera che farebbe inorridire Addie Bundren, e che lo porta a concludere di non essere sicuro di essere. Darl si rende conto, cioè, della fragilità dell’esistenza umana e dell’identità personale, concetto che si esemplifica nelle ultime pagine, quando Anse presenta la nuova moglie come mrs. Bundren; nome appartenuto ad  Addie fino a poco prima. Se un’identità può essere usurpata tanto presto, addirittura pochi momenti dopo la sepoltura di Addie, la conclusione è che ogni individualità è altrettanto instabile: vedendo quanto facilmente si può sostituire mrs Bundren, è davvero così folle Darl a mettere in discussione la propria esistenza?

Jewel
Logan Marshall-Green (al centro) è Jewel nel film di James Franco

I simboli

In Mentre morivo, Faulkner fa ampio uso di simboli, biblici e non, come il pesce, il diluvio, il rogo purificatore, il capro espiatorio. Ce ne sono alcuni che ricorrono e cambiano di significato in base al punto di vista, come il cavallo che può essere letto come il simbolo dell’amore di Jewel per la madre, e che per Jewel può essere il simbolo di una indipendenza dalla famiglia faticosamente guadagnata; altri che invece vengono ribaltati rispetto al significato che si è soliti dar loro: la nascita e la maternità ad esempio, normalmente (e intuitivamente) simboli di vita, vengono capovolte, diventando per le donne della famiglia Bundren sinonimo di morte, in quanto le costringono a rinunciare alla propria intimità, e quindi alla propria identità, e quindi alla propria vita stessa. Costante è anche la presenza degli avvoltoi, che in qualità di uccelli necrofagi stanno a rappresentare l’ombra della morte che vola in cerchio sul capo dei Bundren.

Mentre morivo: l’importanza del titolo

E proprio la morte (e la mortalità umana) è un concetto chiave nel romanzo, cosa che si evince già dal titolo; titolo che è un riferimento all’Odissea, all’episodio nel quale Ulisse, disceso agli inferi, ascolta Agamennone parlare del suo assassinio: la citazione introduce immediatamente il lettore nel clima funebre del romanzo, e accosta il percorso dei Bundren a una difficoltosa discesa agli inferi. Si può leggere però, forse, un altro messaggio dal titolo. Addie Bundren, infatti, muore abbastanza presto nel romanzo: per la maggior parte del tempo non sta morendo, ma è già morta. Chi è che sta morendo, allora? Forse ogni personaggio, forse Faulkner, forse anche il lettore stesso: Mentre morivo diventa una sorta di avvertimento che vuole ricordare a tutti la limitatezza della vita umana, destinata un giorno a finire. Memorandum tremendo, ma forse bellissimo proprio per la sua schiettezza.

Mi ricordavo di mio padre che diceva sempre che la ragione per cui si viveva era per prepararsi a restare morti tanto tempo.

Addie Bundren in un passo di Mentre morivo
William Faulkner
William Faulkner (fonte: loa)

Leggi altri articoli della categoria Letteratura

Seguici sui nostri social:

Facebook: Aquile Solitarie

Instagram: Aquile Solitarie (@aquilesolitarieblog)

Twitter: Aquile Solitarie (@AquileSolitarie)