L’Onda (2008) – I pericoli del totalitarismo

L'Onda Aquile Solitarie

Di Washoe

Alzi la mano chi a scuola non ha visto L’Onda (Die Welle): tra chi ha frequentato le superiori dal 2009 in avanti sono probabilmente ben pochi quelli che non sventolano il braccio al vento in questo sondaggio ipotetico. La pellicola tedesca, diretta da Dennis Gansel e tratta da un romanzo di Todd Strasser, a sua volta ispirato ad un esperimento sociale del 1967, è diventata infatti fin da subito una visione scolastica quasi obbligata per tutti i professori di storia, specie per quelli che faticano a spiegare senza ricorrere ai luoghi comuni (e non è impresa semplice) il fascino che il nazifascismo ha esercitato su diverse popolazioni europee negli anni venti e trenta. E, in più, può essere un film utile a tutti coloro che vogliono sensibilizzare i ragazzi sul pericolo che ancora oggi è rappresentato dagli estremismi di ogni colore politico.

L’esperimento di Ron Jones

La vicenda si ispira ad un esperimento sociale condotto da un tale Ron Jones nel 1967, in una High School di Palo Alto, California, USA. Questi, docente di storia contemporanea, aveva delle difficoltà a spiegare ai suoi studenti come fosse possibile che i tedeschi avessero creduto agli inganni del nazismo, e avessero poi avuto la “faccia tosta” di utilizzare l’ignoranza come scudo per scaricare le proprie colpe storiche. In effetti, per dei ragazzi nati nel dopoguerra nei democratici (e ricchi) Stati Uniti era facile cadere nella trappola del “io sarei più furbo di così”: Jones provò a ricreare nel corso di una settimana le situazioni che stanno alla base dei totalitarismi, per provare alla sua classe come nessuno sia mai davvero immune all’antichissimo fascino del gruppo. L’esperimento, a quanto pare, funzionò, sebbene manchi di documentazione adeguata; leggendo le testimonianze di Jones, risalenti a qualche anno dopo, Todd Strasser scrisse un romanzo sulla vicenda, da cui Dennis Gansel trasse il suo L’Onda.

Ron Jones
Ron Jones (fonte: archyde)

L’Onda, agli USA alla Germania

La vicenda, nel film, è però traslata dagli Stati Uniti degli anni sessanta alla Germania dei giorni nostri, aggiungendo così un significato diverso che deriva dall’essere ambientato nel paese di nascita del Nazismo. La scelta è interessante, perché va a pungolare i giovani tedeschi che, negli anni, si sono forse un po’ stancati di sentire parlare di Hitler e dei suoi gerarchi, arroccandosi pericolosamente nella convinzione dell’impossibilità di cadere nello stesso errore. E alcuni dialoghi del film riflettono esattamente questo sentimento. 

Bomber: «La Germania nazista era merda. Questo lo so anch’io.»

Kevin: «Giusto! Affanculo i nazisti!»

Bomber: «E comunque non succederà più.»

Mona: «Ah, sì? E i neonazisti?»

Kevin: «Non possiamo sentirci in colpa per una cosa che non abbiamo fatto noi!»

Mona: «Non si tratta di colpa, ma della responsabilità storica che tutti abbiamo come tedeschi.»

Sinan: «Be’, io sono turco.»

E ancora:

Rainer: «Voi dite che in Germania una dittatura non sarebbe più possibile?»

Jens: «Lo escludo. Ne conosciamo le conseguenze.»

Il professore, Rainer Wenger

Al centro del lungometraggio si trova Rainer Wenger (interpretato dall’ottimo Jürgen Vogel), insegnante che soffre di un latente complesso di inferiorità nei confronti dei colleghi per via di un percorso di formazione poco convenzionale. La sua entrata in scena avviene in auto mentre canta a squarciagola i Ramones, una scelta che da subito lo caratterizza come un docente fuori dagli schemi e sicuramente come una persona piacevole; la presenza scenica di Vogel fa il resto per catturare fin da subito la simpatia dello spettatore. Il professor Wenger, che dagli studenti si fa chiamare per nome, si trova obbligato a tenere per una “settimana a tema” (un breve periodo di lezioni fuori dal programma scolastico) un corso sull’autocrazia; quello sull’anarchia, che sarebbe stato più in linea con la sua anima punk, gli è stato scippato da un anziano e soporifero collega. Quello che era iniziato come un obbligo, tuttavia, si trasforma per lui nell’opportunità di affrontare il tema uscendo completamente fuori dalle righe, per andare incontro alle esigenze dei ragazzi.

Wenger
Rainer Wenger (Jürgen Vogel) nella sua grintosa entrata in scena

La creazione de L’Onda

Di fronte alle perplessità degli studenti sul tema proposto ha un’intuizione: stuzzicarli in maniera diretta per far vivere loro sulla propria pelle i pericoli del totalitarismo. Dà il via così alla creazione di un movimento che ha in lui il leader: i ragazzi sono tenuti a non chiamarlo più Rainer ma signor Wenger, e a seguire le sue rigide direttive. Da lì inizia a stabilire una serie di regole che di per sé non hanno alcuna utilità ma che hanno lo scopo di affermare la sua autorità, e le giustifica attraverso la retorica, convincendo i ragazzi sui loro benefici: alzarsi in piedi a parlare (perché riattiva la circolazione), stare seduti diritti (perché migliora la respirazione), e così via. Una volta ottenuto il rispetto e l’autorità, Wenger fortifica l’unione del gruppo innescando meccanismi di aiuto reciproco che sembrano migliorare i risultati scolastici di ognuno (in che modo sia possibile però non è chiaro, perché la settimana a tema sembra non prevedere test di valutazione), annulla le differenze di classe imponendo l’obbligo della divisa, garantisce l’identificazione attraverso la definizione di un simbolo, di un saluto, e di un nome del gruppo: L’Onda. 

L'Onda
Un’inquietante panoramica del gruppo

Le pecche della pellicola

Certo, la partecipazione dei ragazzi al movimento dell’Onda non è forse sviluppata nel film con la dovuta attenzione e appare un po’ affrettata; velocità di adesione che qualcuno ha provato a spiegare con la malleabilità delle giovani menti, o con la necessità atavica dell’uomo di sentirsi parte di un gruppo, o più prosaicamente con la necessità della produzione di contenere la durata della pellicola. Anche la caratterizzazione dei personaggi è un po’ stereotipata e aderente ad alcuni schemi classici da teen-movie, come quello della ragazza vanitosa, di quella radical chic, della star della squadra sportiva, dei bulletti seduti al fondo. Ciò non toglie che alcuni personaggi risaltino sugli altri, forse più per la bravura degli attori che per lo spessore della caratterizzazione; in particolare il già citato professor Wenger e il mentalmente instabile Tim (Frederick Lau). In sostanza, il film aveva le potenzialità essere ancora migliore di quello che è, se Gansel fosse riuscito a dare un po’ di realismo in più alla vicenda; pur peccando un po’ in credibilità, tuttavia, il prodotto è interessante e alla portata di un pubblico giovane, ed evidenzia in maniera relativamente efficace le dinamiche dietro ai regimi autocratici.

L’espansione del movimento

L’Onda inizia rapidamente ad espandersi all’interno e all’esterno della scuola, arrivando a compiere atti di vandalismo, ad accendere una rivalità con una banda criminale della città, e ad innescare fenomeni che assomigliano sempre più a quelli già visti nella Germania nazista; ne è un esempio la partita di pallanuoto, che per il suo carattere di esaltazione del gruppo e della sua manifestazione sportiva, la squadra, offre parallelismi evidenti con le Olimpiadi di Berlino del 1936. Con la loro camicia bianca i ragazzi si sentono parte di qualcosa di grande, percependo il gruppo come una sorta di gigante pronto a proteggerli, e specie i ragazzi più fragili iniziano a sentire una sicurezza mai provata prima. Tra questi spicca la figura di Tim, per il quale l’Onda diventa una vera ragione di vita, tanto da portarlo a bruciare i vecchi vestiti, a tentare gesti estremi, a proporsi come guardia del corpo di Wenger con una abnegazione inquietante. E mentre tutto ciò accade, il professore non è capace di accorgersi di come il movimento gli stia sfuggendo di mano.

Tim L'Onda
Tim (Frederick Lau), mentre brucia i propri vestiti

La fine de L’Onda

Wenger non capisce infatti di essere caduto nella trappola che egli stesso aveva predisposto, avendo subito a sua volta il fascino dell’Onda, capace di soddisfare la sua sete di ammirazione, di cancellare il suo complesso di inferiorità, e di nutrire una vanità che in fondo è comune a tutti gli esseri umani: a chi non piace essere rispettato ed acclamato? Quando riesce ad aprire gli occhi, tuttavia, è troppo tardi. Rincorrendo i propri errori convoca un’assemblea dell’Onda, nella quale prima esalta i ragazzi con proclami sensazionalistici e poi li mette di fronte a ciò che erano diventati; la maggior parte di loro capisce il messaggio e la morale della favola, e il movimento, alla fine della settimana a tema, arriva al suo termine naturale.

Il finale e l’analogia con il secondo dopoguerra

Non tutti però sono capaci di risvegliarsi dal sogno: lo spirito dell’Onda era entrato troppo profondamente nell’animo di Tim, che per la prima volta si era sentito apprezzato e soprattutto parte di qualcosa. Lo stress della fine di una grande illusione è troppo difficile da assimilare per la sua psiche instabile, e la vicenda finisce in tragedia con il suo suicidio, e con l’ultima scena in cui si vede Wenger consegnato alla polizia sotto lo sguardo giudicante delle persone accorse per assistere allo spettacolo. I ragazzi e soprattutto i loro genitori, tenutisi colpevolmente al di fuori della vicenda dell’Onda, fanno molto in fretta a scaricare le proprie responsabilità solamente sul professore, allo stesso modo con cui il popolo tedesco nel dopoguerra aveva scaricato le proprie sul gruppo ristretto dei gerarchi nazisti; una storia che si ripete, fino alla fine, in un film interessante, forse un po’ immaturo, ma sicuramente efficace affinché i ragazzi capiscano la necessità di tenersi alla larga dai pericoli del gruppo, dell’omologazione e dei totalitarismi.

Gansel Ulrich Riemelt
Dennis Gansel (il regista, a sinistra) nel 2010, con due attori del film, Jennifer Ulrich (nel ruolo di Karo) e Max Riemelt (interprete di Marco) (fonte: commons.wikimedia.org)

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