Lo chiamavano Jeeg Robot (2015)

Lo chiamavano Jeeg Robot Aquile Solitarie

Di Washoe

Tra le pellicole più amate e più sorprendenti del cinema italiano dell’ultimo decennio, Lo chiamavano Jeeg Robot è un film di supereroi atipico, che ha saputo guardare agli schemi dei classici statunitensi del genere inserendo quel tocco di italianità capace di renderlo un prodotto degno di nota. Non per niente è stato la rivelazione del premio David di Donatello 2016, dominato anche e soprattutto grazie alle prestazioni strepitose dei tre attori principali: Claudio Santamaria, Ilenia Pastorelli e Luca Marinelli.

Lo chiamavano Jeeg Robot cast
Da sinistra a destra: Luca Marinelli, Claudio Santamaria, Gabriele Mainetti (regista), Ilenia Pastorelli (fonte: ComingSoon)

Le caratteristiche di Lo chiamavano Jeeg Robot

Sicuramente gli effetti speciali che caratterizzano le produzioni d’oltreoceano non sono il punto di forza di questo film, che mai avrebbe potuto competere con loro per esperienza e possibilità economiche; e forse per questo determinate scene sarebbero potute essere evitate, o quantomeno sensibilmente accorciate. Il regista e gli autori hanno però saputo superare gli evidenti problemi tecnici ed evitare i paragoni impietosi mischiando ai caratteri tipici dei film Marvel e DC (l’outsider della società che dal nulla si ritrova ad avere i superpoteri, un cattivo assetato di potere, ecc.) alcune caratteristiche del genere gangster, del noir, del drammatico. Grazie a questa strategia sono riusciti a dar vita a un prodotto godibile proprio perché peculiare, dotato al contempo di una storia avvincente e di personaggi molto ben caratterizzati.

L’ambientazione: la periferia romana

Un ruolo importante nella narrazione è quello giocato dall’ambientazione: i protagonisti si muovono in una Roma periferica, divorata dal degrado, in una zona nata per essere esempio di modernità e pulizia ma che ha finito per essere lasciata un po’a se stessa, tra la muffa e il marciume. La storia si snoda qui, tra palazzoni immensi e bruttissimi, contaminati dai murales, in appartamenti sudici e scrostati, in condomini vecchi e cadenti, in stamberghe abitate da uomini pericolosi dove avvengono i peggiori crimini senza che nessuno possa intervenire. Anche il Tevere è protagonista, ma non è quel fiume glorioso che un tempo scorreva ai piedi degli imperatori, o le cui sponde ospitavano le passeggiate dei principi della Roma dei papi: è un corso d’acqua marcia e sporca, testimone di inseguimenti e di vendette cruente, contaminata da spazzatura e da scorie radioattive destinate a cambiare le sorti di un ladruncolo comune.

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I personaggi di Lo chiamavano Jeeg Robot

Le persone che prendono parte alla vicenda fanno tutte parte, chi consapevolmente e chi meno, di quel substrato di criminalità che popola e domina i bassifondi di Roma: nel film viene allora dato spazio a lotte feroci tra bande rivali, che a suon di omicidi e di rapine sgomitano per ritagliarsi il proprio angolino. C’è veramente di tutto, dai criminali di poco conto come Enzo Cecconi (il protagonista che per vivacchiare si dà al borseggio e al furto di orologi), passando per i trafficanti di droga, per i rapinatori di furgoni portavalori, per gli strozzini, fino alle cosche della camorra. Lo chiamavano Jeeg Robot contiene dunque tutto lo spettro della criminalità che infesta la Capitale, mostrato non per giudicare ma per intrattenere e forse per rappresentare, per dare volto e voce ad una fetta della popolazione che esiste e che non può essere ignorata, esagerandone sicuramente i tratti in una specie di (serissima) caricatura.

Enzo Cecconi, professione ladruncolo

Il protagonista del film è il già citato Enzo Cecconi (Claudio Santamaria), un rubagalline domiciliato in uno squallido tugurio che si nutre di yogurt per bambini e si intrattiene con decine di film porno. La sua vita viene scombussolata all’improvviso quando, in fuga dalla polizia, finisce a mollo nel Tevere, dove entra in contatto con delle scorie radioattive che lo rendono invulnerabile e lo dotano di una forza sovrumana. Se ne accorge durante un lavoro con il ricettatore Sergio (che muore nell’occasione), quando viene scaraventato dall’alto di un palazzo in costruzione: un salto spaventoso che avrebbe ucciso chiunque, ma che lo lascia senza un graffio. Arrivato a casa testa la propria forza e prende definitivamente coscienza dei propri superpoteri, che decide di mettere al servizio del crimine. Quello che non sa, però, è che i cambiamenti per lui non sono finiti: nella sua vita sta per entrare una donna molto particolare che gli metterà sottosopra l’esistenza.

Claudio Santamaria Lo chiamavano Jeeg Robot
Enzo Cecconi (Claudio Santamaria)

La sfortunata Alessia

Si tratta di Alessia (Ilenia Pastorelli), la figlia con problemi psichici di Sergio, rimasta sola al mondo dopo la morte del padre: è come una cagnolina perduta, che vaga alla ricerca di qualcuno in grado di darle assistenza. La donna infatti, a causa delle violenze sessuali inflittele da padre, è sostanzialmente rimasta bambina, completamente alienata dal mondo esterno; guarda tutto con gli occhi di una fanciulla, comunica con un linguaggio da scuole elementari, e soprattutto non riesce a distinguere il confine tra la realtà e il suo cartone animato preferito, Jeeg Robot d’Acciaio. Anche quest’ultima caratteristica è una diretta conseguenza delle violenze subite: il cartone animato è sempre stato per lei l’unica via di fuga da una realtà insopportabile: per sopravvivere si è dovuta figurare le persone della sua vita come fossero i personaggi dell’anime, e nella sua mente malata il padre si trasformava nel malvagio Ministro Amaso, armato di una spada alata come quella che Sergio aveva tatuata sul petto. Per tutta la sua esistenza ha atteso un Hiroshi Shiba che giungesse a strapparla dalle grinfie del cattivissimo Amaso, e quando Enzo entra nella sua vita è immediato per lei l’accostamento con il Jeeg Robot del cartone animato.

Ilenia Pastorelli Lo chiamavano Jeeg Robot
Alessia (Ilenia Pastorelli)

Il rapporto tra Enzo e Alessia e l’importanza di lei nel suo cambiamento

Enzo sente un’attrazione speciale per la ragazza, forse perché intravede in lei quelli innocenza che nella sua vita gli è stata tolta troppo presto, a causa delle compagnie sbagliate e dalla morte prematura di tutti i suoi amici. Per la prima volta sente di avere qualcuno al mondo per cui valga la pena combattere, qualcuno che abbia bisogno di lui e che lo spinga a dare il meglio di sé e a migliorarsi. Il fatto che Alessia lo veda come un eroe lo costringe a riconsiderare la strada intrapresa e a capire non solo che la solitudine non piace a nessuno, nemmeno a lui, ma anche che i suoi superpoteri possono essere usati per fare del bene. Quando la ragazza muore tra le sue braccia scatta in lui un’idea nuova, che resta però sopita fino all’abbraccio della mamma della bimba che Enzo salva da un auto in fiamme: la sensazione della gratitudine della donna lo porta a scoprire la bellezza di spendersi per gli altri, e lo convince a intervenire per impedire allo Zingaro di compiere una strage durante il Derby (di calcio) della Capitale.

Lo Zingaro

Ma chi è lo Zingaro? Lo Zingaro non è altri che Fabio Cannizzaro (Luca Marinelli), un criminale megalomane che vuole a tutti i costi emergere nel mondo della malavita. Questi, braccato dalla Camorra con cui ha un conto aperto, costringe Enzo a rivelargli il luogo in cui ha ottenuto i superpoteri; mentre sono sul posto i camorristi lo raggiungono e gli appiccano fuoco: per salvarsi si getta nel Tevere, da cui esce come una sorta di Darth Vader romano, tutto sfregiato ma con nuove, strabilianti capacità sovrannaturali che vota al male e al tornaconto personale. I suoi piani vengono sventati da Enzo, ma quello dello Zingaro rimane un personaggio spaventosamente ben tratteggiato dagli autori e dall’attore: un criminale che terrorizza per la sua ambizione, per la sua crudeltà, per il suo essere completamente fuori dagli schemi sociali, per il suo pericolosissimo bisogno di attenzione.

Luca Marinelli Lo chiamavano Jeeg Robot
Lo Zingaro (Luca Marinelli)

Luca Marinelli e la sua importanza in Lo chiamavano Jeeg Robot

Lo sguardo selvaggio dello Zingaro, le sue grottesche esibizioni canore, le sue frasi ad effetto restano negli occhi: ancor più di Enzo è lui ad attirare l’attenzione dello spettatore, che finisce per non averne mai abbastanza di scene sue; un magnetismo dovuto sì al personaggio, particolarmente riuscito già in fase di scrittura, ma soprattutto all’interpretazione di un attore estremamente capace, che ha elevato con la sua prestazione il livello di un film già buono di suo. Insomma, se da un lato è stata brava la Pastorelli nell’interpretazione di una donna fragile e bisognosa e dall’altro lo è stato Santamaria come uomo disilluso e tradito dalla sorte, tra i tre attori principali la menzione speciale va a un Marinelli strepitoso, perfetto nel dare credibilità a un personaggio che nelle mani sbagliate sarebbe potuto risultare una macchietta insopportabile. Nel tanto bistrattato cinema italiano di oggi fa dunque piacere trovare un attore così, in un film pregevole davvero sotto molti aspetti.

Lo chiamavano Jeeg Robot finale

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