La Freccia Nera – Robert Louis Stevenson

DI WASHOE

«Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto…». Così Ludovico Ariosto aveva deciso di dar principio al suo Orlando Furioso, e così avrebbe potuto Robert Louis Stevenson iniziare La Freccia Nera, perché sebbene le due opere siano così diverse nello stile, nei temi e nel valore artistico (l’uno poema d’inestimabile valore, l’altro romanzo d’avventura, avvincente ma comunque di facile lettura), è pur vero che il libro dell’autore inglese tratta i medesimi soggetti nominati dal suo illustre predecessore. Quello lasciatoci da Stevenson è un romanzo da leggere principalmente per diletto, e che può essere fatto rientrare nel novero, oltre a quello appunto dei libri d’avventura, dei romanzi storici e dei romanzi di formazione.

La trama

Dick Shelton e la Freccia Nera (nello sceneggiato Rai del 1968)

Il personaggio di cui La Freccia Nera segue le gesta è il diciottenne Richard Shelton, detto Dick, che si ritrova suo malgrado a muoversi nel periodo forse più turbolento della storia dell’Inghilterra: la Guerra delle Due Rose (1455-1485). Il ragazzo è orfano di entrambi i genitori e vive sotto la tutela dell’avido Sir Daniel Brackley, signorotto locale dalla fama di traditore; nel suo percorso di crescita viene però guidato dal fido collaboratore del cavaliere, un uomo (in fondo) onesto di nome Bennet Hatch. All’inizio del romanzo, Shelton e lo stesso Hatch sono incaricati da Sir Daniel di recarsi nel villaggio di Tunstall per organizzare la guarnigione del castello omonimo, che dovranno lasciare per qualche tempo per via dell’imminenza di un’importante battaglia; per comandare la truppa è stato scelto Nicholas Appleyard, vecchio arciere veterano della Guerra dei Cent’Anni e della Battaglia di Anzicourt. Quando però i due uomini lo raggiungono per informarlo del nuovo mandato, l’anziano soldato viene trafitto da una freccia, di un mal augurante colore nero, scagliata dal limitare del bosco; il sicario riesce a fuggire correndo tra gli alberi, mentre Dick e Bennet portano il cadavere nella sua casa e lo compongono alla bell’e meglio sdraiato sul letto. Quando tornano al villaggio, ad attenderli c’è una nuova, nefasta sorpresa: inchiodata al portone della chiesa trovano una filastrocca d’avvertimento, scritta con mano malferma e anche qualche errore d’ortografia, che “un po’ raddrizzata” suona così:

Avevo quattro frecce nere alla cintura

Per vendicare la mia quadrupla sventura:

quattro come gli uomini malvagi

che mi hanno oppresso con infiniti disagi.

*

Una freccia ho scagliato e il primo l’ho colpito,

il vecchio Apulyard è morto e seppellito.

Una freccia è per Bennet Hatch, il maledetto,

quello che bruciò Grimstone, mura e tetto.

*

Una freccia è per Oliver Oates – parola!

Perché a Sir Harry Shelton tagliò la gola.

Sir Daniel, tua è la quarta freccia,

di meglio non ti meriti, lurida feccia.

*

Ognuno di voi proverà un gran dolore

Per la freccia nera nel nero cuore

Mettetevi in ginocchio a chiedere pietà,

ladri dannati che non conoscete carità!

*

Firmato: John Raddrizzatorti di Boscoverde e i suoi compagni

P.S. Attenti a voi! Abbiamo altre frecce e buona corda di canapa per i compari del vostro seguito.

Dick rimane profondamente turbato dalla lettera: Harry Shelton è il nome del suo defunto padre e l’accusato dell’omicidio è invece uno di quegli uomini che l’hanno cresciuto, il prete Sir Oliver Oates, pavido servitore di Sir Daniel. La filastrocca, le indagini che porta avanti, e infine l’incontro con il giovane John Matcham (che altri non è che la sua promessa sposa, Joanna Sedley, travestita da uomo) lo inducono a mettere in dubbio le sue certezze, specie sulla vera natura del suo tutore: viene così a sapere di come Brackley avesse fatto assassinare a tradimento suo padre per impossessarsi delle terre di famiglia, e di come il cavaliere, spaventato dai sospetti del ragazzo, avesse deciso di far uccidere anche lui; per questo fugge nottetempo dal castello di Tunstall e finisce per unirsi alla compagnia della Freccia Nera, in cerca di vendetta. Proprio l’incontro con Joanna Sedley-John Matcham, di cui s’innamora perdutamente, è il fulcro su cui si sviluppa tutta la narrazione, perché il pensiero fisso del ragazzo diventerà, da quel momento in avanti, la liberazione della sua amata, caduta prigioniera dell’odiato tutore.

Dick e Hatch al cospetto del morente Appleyard (nello sceneggiato Rai del 1968)

L’ambientazione storica

Il racconto si svolge dunque all’epoca della Guerra delle Due Rose, nella quale due grandi fazioni in lotta, la Rosa Rossa dei Lancaster e la Rosa Bianca di York, si sono contese per vent’anni il trono d’Inghilterra tra grandi battaglie e numerosi capovolgimenti, trascinando il paese in una devastante guerra civile. All’inizio del romanzo le peripezie dei protagonisti hanno luogo al margine degli avvenimenti storici, che rimangono quasi in sottofondo, come un fragore di battaglia o un lontano cozzare di armi; con lo scorrere delle pagine, invece, ne diventano parte attiva, combattendo per l’uno o per l’altro schieramento, ritrovandosi anche a lottare faccia a faccia. Era un’epoca, quella della Guerra delle Due Rose, di continui stravolgimenti, e l’atmosfera d’incertezza è ben rappresentata dai comportamenti dello stesso Sir Daniel: l’avido cavaliere dimostra a più riprese di essere un abile voltagabbana, nei confronti non soltanto di Dick ma anche di quelle alleanze di guerra che cambia come ci si può cambiare di abito, a seconda delle circostanze.

Il Duca di Gloucester

Un ritratto di Riccardo III d’Inghilterra

I personaggi che prendono parte alla storia sono quasi tutti di fantasia, ad esclusone di uno: il Gobbo Riccardo, Duca di Gloucester, comandante dell’esercito della Rosa Bianca di York e passato alla storia come re Riccardo III d’Inghilterra. Stevenson lo descrive come un uomo brutto, deforme, d’aspetto malaticcio, crudele, ambizioso e volubile, che aveva come unico obiettivo la gloria personale; ci racconta insomma di un mostro, pur riconoscendone la grande forza d’animo. È un’immagine in realtà ben lontana da quella emersa nella storiografia contemporanea, ma si può dire che lo scrittore non ne ha colpa: all’epoca in cui La Freccia Nera è stato scritto (il libro uscì a puntate nel 1883) la figura di Gloucester aveva i contorni malvagi disegnati da Tommaso Moro e, soprattutto, da William Shakespeare, i quali erano stati influenzati fortemente dalla campagna di diffamazione perpetrata nei confronti del Duca dalla dinastia Tudor. Tuttavia Stevenson ha il merito, non indifferente, di mostrare una sensibilità diversa nei confronti del tanto bistrattato regnante, scaricando almeno in parte la colpa della sua perversità su coloro che l’hanno sempre sbeffeggiato per via di una deformità fisica che lo rendeva gobbo dalla nascita; lo fa alla sua maniera, senza perdersi in giri di parole, attraverso una breve frase che fa pronunciare a Riccardo stesso:

«Se tu fossi un orrendo gobbo e i bambini ti sbeffeggiassero per strada, il tuo corpo avrebbe poco valore e daresti la vita per un’ora di gloria.»

L’evoluzione di Dick Shelton

Ritornando al protagonista, è interessante vedere come la personalità di Dick Shelton si sviluppi, cresca, si trasfiguri nel corso della storia, e da ragazzo ingenuo, rozzo, e violento diventi lentamente un uomo, cortese ed anche scaltro. È quasi ironico il fatto che tutte le sue doti le apprenda in quei pochi mesi che passa con la banda dei fuorilegge della Freccia Nera, mentre la guida della nobiltà locale lo stava convertendo in un brutale soldato e poco più; ma ancora più interessante è vedere come alle sue nuove abilità si aggiunga una consapevolezza diversa su alcuni aspetti della vita.

Il cambiamento più evidente riguarda l’opinione che ha della donna, che nel corso del libro finisce per essere completamente ribaltata. Nei primi capitoli, infatti, discorrendo con John Matcham (non sapendo ancora di come si trattasse in realtà di Joanna Sedley), parlava così del gentil sesso:

«Non mi parlar di ragazze, le odio tutte» ribatté Dick.

«Ora parli come un bambino» disse l’altro. «Eppure mi sa che tu pensi a loro più di quanto vuoi far credere».

«Nemmeno per idea» disse bruscamente Dick, «non ci penso proprio. Peste le colga tutte! A me piace andare a caccia, combattere, far festa e stare in allegra compagnia. Le ragazze non sono buone a nulla, a quel che so io, tranne una, poverina, che è finita sul rogo come strega, e anche perché aveva indossato abiti maschili, una cosa contro natura.»

Dopo la sua rocambolesca fuga dal castello di Tunstall, invece, il mondo di Dick comincerà a girare proprio attorno intorno ad una donna, Joanna, la sua innamorata, l’unico suo pensiero fisso: chi lo avrebbe mai detto al sentirlo parlare in quel modo? Quello della fine del romanzo è insomma un Dick cresciuto, che ha raggiunto una maggiore coscienza del valore della vita e dei sentimenti e che si è finalmente reso conto del peso delle parole e delle azioni, il cui effetto il più delle volte non può essere riparato semplicemente chiedendo scusa.

Per la prima volta cominciò a comprendere una maledetta regola del gioco della vita: quel che è fatto, è fatto – una cosa, quando è stata compiuta, non può essere cambiata né rimediata con nessuna penitenza.

Le donne nel romanzo

Il ruolo della donna ne La Freccia Nera, invece, lasciando da parte il pensiero di Dick, risulta largamente influenzato dalla visione ottocentesca e, ancor di più, medievale del mondo. La maggior parte dei personaggi femminili, infatti (come Lady Brackley, la moglie di Hatch e le svariate damigelle), rimangono sullo sfondo ed hanno un ruolo poco attivo nella vicenda, quasi decorativo, da comparse; tra tutte, sono due soltanto quelle che spiccano all’interno della storia: la già citata Joanna Sedley e la sua amica Alicia Risingham. Sono due ragazze molto giovani e forse per questo s’allontanano dalle altre dame del romanzo, dimostrando a tratti di essere dotate di una certa intraprendenza; tuttavia, se Joanna per accorgersene pare aver bisogno di indossare abiti maschili, senza i quali mostra invece poca risolutezza e ancor meno coraggio, anche Alicia sembra arrendersi, alla fine, alla condizione di donna del suo tempo, dimostrando di accettare di buon grado il marito che le viene assegnato.

Joanna e Sir Daniel (sulla destra, nello sceneggiato Rai del 1968)

I nobili e la povera gente

La Freccia Nera, oltre ad essere un racconto di tradimenti, guerre, amori e avventure, resta pur sempre un romanzo storico e come tale deve trasmettere l’atmosfera del tempo in cui viene ambientato; Stevenson non si dimentica certo di questo, ed oltre alla descrizione di armi, battaglie ed usanze prova anche a raccontare la mentalità dei nobili dell’Inghilterra del medioevo. Più volte, infatti, Dick Shelton viene ripreso dagli aristocratici che incontra per via della sua abitudine a mischiarsi con la “feccia”, come fuorilegge e marinai, considerati da loro indegni della compagnia d’un uomo d’alto lignaggio. In questo il ragazzo si discosta molto dai suoi pari rango, dimostrando un’apertura mentale che gli permette non solo di essere grato a chi lo aiuta e si pone al suo servizio, qualunque sia la sua estrazione sociale, ma anche di percepire la purezza di cuore persino di alcuni furfanti come il simpatico ubriacone Will Lawless (“Senzalegge”), riconoscendone le virtù e sopportandone quasi sempre con pazienza i ben più evidenti vizi.

Il fuorilegge Will Lawless (nello sceneggiato Rai del 1968)

Insomma, ne La Freccia Nera si mischiano tanti temi diversi, che uniti alla linearità della scrittura di Stevenson e a i numerosi colpi di scena ne fanno un libro di piacevolissima lettura, adatto a persone diversissime per età e competenze letterarie.

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