Il generale nel suo labirinto – Gabriel García Márquez

Il generale nel suo labirinto Aquile Solitarie

Di Washoe

Accade spesso che i grandi eroi del passato, specie quelli che ancora vivono nella tradizione orale dei popoli di cui hanno fatto la storia, si presentino agli occhi della popolazione come idoli intoccabili. Garibaldi, Napoleone, Che Guevara, hanno attorno a sé un’aura quasi mistica, che spaventa senza rimedio gli scrittori che vorrebbero raccontarli andando al di là della classica storiografia per dipingerli nell’intimità. Timore legittimo: alla gente non piace che venga toccata la sua mitologia, specie se coinvolge un pezzo importante della nascita e dello sviluppo della propria nazione. Gabriel García Márquez aveva piena coscienza del rischio che stava correndo quando iniziava a stendere il racconto degli ultimi giorni di vita di colui che liberò gran parte dell’America Latina dal giogo coloniale, di un uomo cioè riconosciuto come eroe da un continente intero, El Libertador Simón Bolívar: Il generale nel suo labirinto.

Il soggetto de Il generale nel suo labirinto: Bolívar nel 1830

García Márquez era un uomo a cui piaceva uscire dagli schemi, non c’è dubbio, e questo si riflette anche nella scelta del soggetto del romanzo, poiché dove uno scrittore comune, trattandosi di un personaggio spinoso come Bolívar, si sarebbe concentrato sugli anni di gloria del generale, quando galoppava e vinceva battaglie dal Venezuela alla Bolivia, dalla costa pacifica alla selva e alle Ande, lo scrittore colombiano ha scelto di descrivere gli ultimi, difficili giorni del Libertador. Correva l’anno 1830 e Bolívar, ormai completamente spoglio della gloria passata e dell’amore nel popolo, si apprestava a discendere le acque del fiume Magdalena da Santa Fé de Bogotá fino a Cartagena de Indias, da dove ci sarebbe dovuto imbarcare per l’ultimo viaggio in Europa e dunque per l’esilio: quello del romanzo è un Bolívar stanco, precocemente invecchiato, reso debole e macilento da una malattia sconosciuta, disilluso e vittima frequente dei propri ricordi.

Simon Bolivar
Simón Bolívar (fonte: agenziacomunica)

Le intenzioni di García Márquez

Non si tratta tuttavia soltanto di una scelta coraggiosa, ma di una decisione dettata dalla volontà di raccontare una parte un po’ trascurata della vita di Bolívar, come a voler riempire un buco lasciato vuoto dalla storiografia e dai documenti ufficiali. Di quei giorni non restano infatti che poche lettere del Libertador, assieme alla testimonianza scritta nel suo ufficiale il generale Daniel Florence O’Leary, e qualche ricordo sparso qua e là tra i suoi pochi intimi; scarsità di documentazione che ha permesso a García Márquez di muoversi con una certa libertà, pur con l’obbligo di ricalcare fedelmente il percorso e i tempi del viaggio, nonché di offrire un Bolívar la cui personalità non si distanziasse troppo da quella raccontata dalle testimonianze precedenti. Dietro a Il generale nel suo labirinto si trova dunque un gran lavoro di ricerca, che lo stesso autore ha definito lungo e difficoltoso nella breve appendice del romanzo; tuttavia, anche qui l’autore colombiano ha saputo aggiungere molto di sé, della propria storia, della propria fantasia, e soprattutto della propria sensibilità, offrendo un racconto credibile e che si lascia leggere con grande piacere.

Il generale nel suo labirinto: l’umanizzazione dei personaggi storici

Nonostante il suo carattere di fondo di romanzo storico, quindi, Il generale nel suo labirinto sa andare al di là del semplice racconto biografico, per restituire ai grandi nomi incisi nella pietra, come quello di Bolívar stesso, o del maresciallo Sucre, o di Agustín Iturbide e degli altri ufficiali, un’umanità che non può certo essere ritrovata nella storiografia, interessata non tanto alle persone quanto alle loro azioni. Durante il viaggio da Santa Fé a Cartagena (fino all’epilogo a Santa Marta) vengono esplorati dal narratore e dal generale stesso i desideri, le ambizioni, le paure di molti dei personaggi, costruendo una costellazione di esseri umani dove prima c’erano tele ad olio e busti di marmo, e amplificando ancora di più il sentimento inevitabile di tristezza che deriva dal racconto della morte un uomo eccezionale come El Libertador.

Maresciallo Sucre
Il maresciallo Antonio José de Sucre, uno dei personaggi storici che appaiono nel romanzo (fonte: telesur)

Un generale sul viale del tramonto

Per via di tutto quanto detto sopra, dunque, la figura di Bolívar nel romanzo si allontana dall’immagine del grande guerriero e del determinato uomo politico per avvicinarsi piuttosto a quella sbiadita di un morente. Più volte viene evidenziato l’invecchiamento precoce del generale, che a quarantasette anni sembra un anziano di settanta, assieme alla sua magrezza devastante, alla febbre costante, e ai mille disturbi di cui soffre; caratteristiche che ne fanno presagire fin dalle prime pagine la morte imminente, e che inducono nel lettore la chiara sensazione che il fantomatico viaggio verso l’Europa non avverrà mai. E l’impressione viene confermata in effetti già nel primo capitolo, da una frase attribuita ad un inglese:

L’unico che fu abbastanza lucido per capire che se ne andava davvero, e dove se ne andava, fu il diplomatico inglese che scrisse in un rapporto ufficiale al suo governo: “Il tempo che gli rimane gli basterà a stento per raggiungere la tomba”.

Non è un caso che l’unico a rendersi conto della verità sulle condizioni reali del Libertador sia uno straniero, mentre i notabili locali sono impegnati gli uni a tenerlo sotto controllo per evitarne il ritorno il potere, gli altri ad organizzare un nuovo golpe per riportarlo alla presidenza: il loro essere stupidamente ciechi è simbolo, per García Márquez, della condizione storica dell’America Latina e delle popolazioni che la abitano, di arretratezza e sottomissione al potere straniero.

Il pessimismo storico di García Márquez

Jose Antonio Paez
José Antonio Páez (fonte: Wikipedia)

Questa caratteristica è manifestazione evidente di una sorta di pessimismo storico di cui soffriva all’epoca Gabriel García Márquez; pessimismo che nel romanzo viene attribuito allo stesso Bolívar, e che gli conferisce un grande spessore tragico. Nei suoi ultimi giorni di vita, infatti, il generale soffre di una lucidità nuova, che lo porta ad accorgersi di come il grande sogno per cui aveva lottato anno dopo anno, campagna dopo campagna, e che gli aveva risucchiato tutta la linfa vitale sia destinato a fallire. Nei suoi progetti, il continente Latino-Americano sarebbe dovuto essere non soltanto libero dal dominio spagnolo, ma anche unito in un’unica grande repubblica, dal Messico fino al Río de la Plata; sin dal giorno della liberazione, tuttavia, i suoi generali avevano iniziato a cospirare per la disgregazione della grande nazione: José Antonio Páez in Venezuela, Francisco de Paula Santander in Nueva Granada (pressappoco l’attuale Colombia), diversi caudillos locali a Quito, in Perú, in Bolivia. La triste rivelazione gli arriva proprio mentre naviga le acque stanche del Magdalena, e lo getta in uno sconforto profondo che è il preludio alla sua prossima fine.

La fine a Santa Marta

La chiaroveggenza, tuttavia, pare subordinata allo stato di salute del generale, perché nei momenti in cui la sua condizione fisica gli dà qualche tregua Bolívar sembra improvvisamente recuperare un po’ del proprio vigore, e mettere da parte le sue disillusioni. Ne è un esempio ciò che succede nel momento in cui viene a sapere del colpo di stato portato a termine dal generale a lui fedele Rafael Urdaneta a Santa Fé: all’improvviso viene preso da una smania nuova, e dà il via ad una campagna di liberazione che mira a stroncare le ambizioni separatiste di Páez a Caracas; è evidente però anche in quei momenti, nonostante l’aura di autorità di Bolívar sia ancora quella di un tempo, come il generale appartenga ormai al passato; per questo, la campagna è destinata a fallire ancora prima di cominciare. È l’ultimo conato vitale del generale, che di lì a poco, distrutto dalla malattia e ormai stanco del mondo, si spegnerà a soli quarantasette anni nella città di Santa Marta, nel nord di quel continente che doveva la libertà al suo grande sogno visionario.

José Palacios ne Il generale nel suo labirinto

Simon Bolivar
Un altro ritratto di Bolívar (fonte: storiaedintorni)

Ci sono anche altri personaggi degni di nota all’infuori di Bolívar, ma il più interessante è senza dubbio il suo servo fedele José Palacios, unico vero amico e confidente: il suo ruolo nel romanzo va infatti ben oltre a quello di aiutante e maggiordomo, perché con i tanti anni di servizio egli è diventato quasi una protuberanza del generale, nella quale il Libertador ha scaricato una parte del peso enorme che gravava sulla sua persona. Palacios è la memoria storica di Bolívar, partecipe non soltanto delle sue campagne militari, ma anche e soprattutto di ciò che succedeva nel buio delle sue stanze, e per questo rappresenta una sorta di alter ego del generale. Non è un caso che in alcuni momenti venga scambiato per il Libertador: non si tratta soltanto di un errore dovuto alle pessime condizioni fisiche di Bolívar (che lo rendono troppo lontano dalla sua immagine pubblica), ma è un qualcosa che deriva da una identificazione quasi totale tra i due uomini, specie sul piano dei ricordi.

Il labirinto dei ricordi

E proprio i ricordi, anche quelli condivisi da Palacios, sono centrali ne Il generale nel suo labirinto, in quanto tutta la narrazione è costellata di analessi che ripercorrono i momenti salienti della vita del Libertador. Flashback che si susseguono tra le pagine un po’ come García Márquez aveva immaginato si fossero susseguiti nella mente del generale, o nella mente di Palacios (cosa che poi fa davvero poca differenza), creando il grande labirinto di storie, aneddoti, emozioni, gioie e dolori che dà il titolo all’opera, e nel quale il generale si perde. Le memorie sembrano tuttavia aumentare la miseria della figura di Bolívar nei suoi ultimi giorni, impietosamente inferiore rispetto a quella dipinta dai ricordi, rendendo il ritratto del generale quasi patetico; per questo motivo il romanzo è stato criticato in Sud America da chi non ha digerito il tono del racconto. Sono critiche però che evidenziano un’incapacità di comprendere come un’immagine non vada certo a ledere l’altra: sono entrambe facce della stessa medaglia, dello stesso Bolívar. Da un lato ci sono la gloria, gli allori, i successi militari; dall’altra la sofferenza, l’angoscia, la disillusione di un uomo che vede crollare tutto ciò per cui aveva dato la propria vita. Per questo, il ritratto di Bolívar ne Il generale nel suo labirinto risulta profondamente emozionante, perché non solo non sminuisce la figura di un mito, ma anzi la glorifica e la colora di eccezionali sfumature di umanità.

Gabriel Garcia Marquez
Gabriel García Márquez (fonte: edizionisur)

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