Dell’amore e di altri demoni – Gabriel García Márquez

Di Washoe

Una lunga chioma rossa che fuoriesce da un’antica tomba, i resti di una ragazzina, una leggenda popolare: da questi pochi elementi, e dal passato coloniale della città colombiana di Cartagena de Indias, prende le mosse un romanzo intenso, che parla di sentimenti, di bigottismo e di esorcismi distruttori: Dell’amore e di altri demoni (Del amor y otros demonios, 1994), di Gabriel García Márquez.

L’aneddoto dietro a Dell’amore e di altri demoni

Cartagena de Indias, 26 ottobre 1949. García Márquez, allora un giovane giornalista, viene inviato dal direttore del quotidiano per cui lavora ad assistere a degli scavi in un antico convento di clarisse, destinato ad essere trasformato in albergo. È una missione senza pretese figlia di un giorno senza notizie, ma durante l’apertura di una delle tombe della chiesa del convento il giornalista assiste ad un evento straordinario: alla rimozione della lapide succede la fuoriuscita di una lunghissima chioma ramata, procedente dai resti di una ragazzina di dodici anni. Sulla pietra è scritto un nome, senza alcun cognome: Sierva María de Todos los Ángeles. Al futuro scrittore torna immediatamente alla memoria una storia narrata dalla nonna, e non ha alcun dubbio: i capelli e le ossa sono quelli di una marchesina creola morta di rabbia, dalla chioma lunghissima, che la gente dei Caraibi venerava come santa. Probabilmente, quello della tomba è un aneddoto inventato da García Márquez stesso, un astuto espediente narrativo; ma la lunga chioma rossa rappresenta un ponte straordinario verso un suggestivo viaggio nel tempo.

Una veduta della città vecchia di Cartagena de Indias (fonte: 360radio)

Sierva María de Todos los Ángeles

Per entrare nella storia di Dell’amore e di altri demoni occorre fare un notevole salto nei secoli, a quando Cartagena de Indias era un importante centro per il commercio degli schiavi nel Vicereame della Nueva Granada. In questa ambientazione quasi mitica, la dodicenne Sierva María de Todos los Ángeles è l’unica figlia di Ygnacio de Alfaro y Dueñas, secondo marchese di Casalduero, un nobile creolo inetto e infelice, e dell’arrivista Bernarda Cabrera; mai amata dai genitori, è stata cresciuta dalla serva negra Dominga de Adviento assieme agli altri schiavi, ed ha imparato i loro balli, le loro tradizioni, le loro lingue: la ragazzina è sostanzialmente un’africana nel corpo di una nobile spagnola.

Il suo modo di essere era tanto silenzioso che sembrava una creatura invisibile.

Gabriel García Márquez – Dell’amore e di altri demoni

Sierva María vaga per il mondo cercando di far sì che nessuno la veda o la senta, impaurita da tutto, diffidando di tutto. Dietro di sé porta lo strascico dei lunghissimi capelli rossi, frutto di un voto pronunciato alla sua nascita da Dominga de Adviento: vedendo la bambina con il cordone ombelicale attorno al collo, la schiava aveva promesso “ai suoi santi” (frutto di un peculiare sincretismo tra il cristianesimo e le divinità yoruba) che, se fosse sopravvissuta, la chioma della neonata non sarebbe mai stata tagliata fino alla sua notte di nozze.

La rabbia in Dell’amore e di altri demoni

La vita di Sierva María viene però scombussolata nel giorno del suo dodicesimo compleanno. Mentre è a passeggio con una schiava, viene morsa da un cane rabbioso: la notizia si espande molto velocemente, ma arriva con colpevole ritardo alle orecchie del marchese. Questi, spaventato dalle condizioni dei malati di rabbia nell’ospedale cittadino, teme per la vita della figlia e consulta Abrenuncio de Sao Pereira Cao, abile e controverso medico portoghese di larghe vedute, ingiustamente accusato di stregoneria. Questi lo mette in guardia sull’incurabilità della rabbia, ma allo stesso tempo afferma di escludere che Sierva María possa contrarre la malattia; il marchese, tuttavia, preferisce ascoltare il parere oscuro del vescovo della città, il quale, senza aver mai visto la bambina, afferma con convinzione come ella sia ormai posseduta dal demonio (che nelle credenze di allora si manifestava spesso sotto forma di rabbia), e gli consiglia di abbandonarla nelle mani della Chiesa affinché possa essere esorcizzata. Ygnacio dimostra tutta la propria debolezza di spirito e cede alle pressioni del vescovo, consegnando Sierva María al convento di clausura di Santa Clara, da dove non uscirà più.

Un cane rabbioso in una illustrazione (fonte: laaventuradelahistoria)

Il convento di Santa Clara

Il convento è guidato dalla badessa spagnola Josefa Miranda, una donna bigotta ed estremamente superstiziosa, nonché carica di rancori profondi nei confronti del vescovo. La povera Sierva María viene da subito reclusa nel penitenziario del Santa Clara, dove viene attaccata in tutti i modi: viene insultata a ripetizione, le viene offerto un vitto schifoso, cercano di toglierle le sue amate collane yoruba. Non c’è da meravigliarsi dunque che la bambina prenda in odio le monache; eppure, la sua rabbia (giustificata) e il suo inveire nelle lingue africane a lei familiari vengono prese come prove certe della sua possessione satanica, e lo stesso accade con una serie di eventi nefasti, che la superstizione delle suore associa proprio alla presenza della marchesina nel convento. Per risolvere il caso, diventato ormai spinoso, il vescovo si affida al proprio braccio destro, il colto sacerdote Cayetano Delaura.

Cayetano Delaura

Fin da subito è chiaro come Delaura sia un uomo fondamentalmente buono, che per questo prende a cuore le sorti di Sierva María, riconoscendola fin da subito come la bambina terrorizzata che è e non certo come un’energumena. Con tanta pazienza si guadagna la fiducia della marchesina, e scopre una connessione sovrannaturale con lei che prende la forma di un sogno comune, che coinvolge una finestra di Salamanca, in Spagna (che la creola Sierva María non aveva certo mai visto), un paesaggio innevato, un grappolo d’uva e la presenza ingombrante della morte. Si insinua allora in Cayetano un sentimento non previsto, e il giovane sacerdote si trova ad affrontare un demone molto più pericoloso di quello che alberga nella ragazzina, più pericoloso in quanto reale: il demone dell’amore. Sierva María finisce per infestare tutti i suoi sogni, e farlo affogare in una passione sconosciuta e viscerale che, quando viene scoperta dal vescovo, costa a Delaura non solo l’incarico, ma anche la posizione di bibliotecario e di braccio destro del prelato.

«È il demonio, padre mio» gli disse Delaura. «Il più terribile di tutti.»

Gabriel García Márquez – Dell’amore e di altri demoni

Nonostante venga mandato a lavorare in un ospedale, Cayetano continua tuttavia ad incontrare di nascosto Sierva María, che nel frattempo dimostra di contraccambiare il suo amore; quando i due vengono scoperti, però, l’accanimento delle monache su di lei diviene ancora più feroce, e dopo numerosi tentativi falliti di esorcismi (durante i quali la sua bella chioma viene crudelmente tagliata) l’infelice ragazzina finisce per morire di fame e di stenti.

Un’istantanea dal film del 2009 Del amor y otros demonios

I demoni

La storia di Dell’amore e di altri demoni racconta degli effetti devastanti della paura, della mancanza di amore, del bigottismo e delle superstizioni. Sono questi, infatti, i veri demoni che si accaniscono su Sierva María; non certo quelli presunti che si trovano dentro di lei, né quello che è definito come “il più terribile di tutti”, ossia l’amore. Amore che invece sarebbe stato in grado di salvarla, perché il sentimento di Delaura, nonostante la grande differenza d’età (che per i nostri canoni puzzerebbe senza dubbio di pedofilia), era stato in grado di donare alla bambina un barlume di speranza, e soprattutto di rivestirla di quell’umanità di cui la cattiveria delle altre persone aveva finito per spogliarla. Questo è infatti il significato delle sembianze mostruose assunte in alcuni frangenti da Sierva María: sono il simbolo della sua disumanizzazione avvenuta ad opera delle monache e della badessa; interpretazione che spiega anche perché, da quando il sentimento di Cayetano viene ricambiato, le metamorfosi non abbiano più luogo. Alla luce di tutto ciò, forse, si può affermare che l’amore, seppure indicato come tale dal titolo, non sia il vero grande demone della storia; ruolo da assegnare, piuttosto, all’incapacità di comprensione.

La mancanza di empatia

L’origine dell’odio della gente nei confronti della ragazzina si trova infatti tutta qui. I genitori, dopo averla abbandonata ancora piccola, si ritrovano ad avere a che fare con una figlia completamente estranea, cresciuta con altre culture, con altre tradizioni, con altri dèi, ed è proprio l’incapacità di comprenderla che li porta a temerla e a disfarsene troppo a cuor leggero. Allo stesso modo, quelle che in realtà sono innocue tradizioni di una terra lontana, l’Africa, vengono interpretate dalle suore come segnali di una presenza demoniaca, e l’attaccamento di Sierva María alle collane dei suoi dèi viene preso per una rabbia cieca e diabolica. Elementi di culture antichissime sembrano essere pericolosi di fronte all’ignoranza delle monache, che non solo non capiscono la ragazzina, ma non provano nemmeno a mettersi nei suoi panni e sono incapaci di qualsiasi empatia; cosa che porterà, alla fine, alla crudele distruzione di una giovane vita innocente.

L’elemento magico in Dell’amore e di altri demoni

Per quanto riguarda lo stile, in Dell’amore e di altri demoni García Márquez ritorna con forza a far uso dell’elemento magico in una maniera più simile a quella di Cent’anni di solitudine o L’autunno del patriarca, dopo averlo utilizzato in maniera più leggera nelle opere immediatamente precedenti (Cronaca di una morte annunciata, L’amore ai tempi del colera, Il generale nel suo labirinto). Qui, la commistione tra il reale e il fantastico torna ad avere centralità narrativa, soprattutto per quel che riguarda il sogno della finestra di Salamanca, o a veicolare immagini che hanno lo scopo di raccontare sensazioni, percezioni, desideri dei protagonisti; ne sono un esempio le metamorfosi già citate, o le apparizioni del fantasma di Dulce Olivia, primo amore del Marchese, simbolo di una presenza sempre ingombrante nell’animo di don Ygnacio. Elementi, quelli magici, che come al solito García Márquez intreccia con maestria a quelli realistici, ottenendo una storia che, oltre ad incantare, ha il merito di ammonire il lettore sugli effetti dell’incapacità di comprensione, e di ricordargli il potere purificatore ed umanizzante dell’amore.

Gabriel García Márquez (fonte: ilmestierediscrivere)

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