Cronaca di un amore (1950) – di Michelangelo Antonioni

DI WASHOE

Annoverato tra i grandi del cinema italiano, Michelangelo Antonioni ha consegnato agli annali della settima arte capolavori di valore assoluto. Ma ogni storia ha il proprio inizio, e il principio della sua brillante carriera di cineasta ha una data, il 1950, e un titolo: Cronaca di un amore. L’opera, che segna anche l’esordio sul grande schermo di una giovanissima Lucia Bosè, riprende schemi classici come quello del matrimonio infelice, del triangolo amoroso e del delitto passionale, ma si segnala soprattutto per aver stabilito un prima e un dopo nel cinema del Bel Paese.

Lucia Bosè in Cronaca di un amore

Paola e Guido

Paola Molon (Lucia Bosè) è una giovane ragazza ferrarese quando, nel 1943, l’industriale milanese Enrico Fontana (Ferdinando Sarmi), molto più grande di lei, si innamora della sua straordinaria bellezza e in due mesi la sposa. Sette anni dopo, tuttavia, Fontana ritrova alcune foto della moglie dei tempi di Ferrara e, rendendosi conto di non sapere nulla sul suo passato, incarica un ufficio di investigatori di ricostruire per lui il ritratto della Paola liceale. L’investigatore Carloni parte dunque per la Romagna, ma il lavoro si rivela più difficile del previsto: i bombardamenti hanno distrutto i registri della scuola e molti altri documenti, e così il detective deve ricorrere ai testimoni oculari – vecchi amici e conoscenti della ragazza – per ottenere qualche informazione, cambiando di volta in volta identità. A poco a poco viene fuori lo scenario di quello che sembra essere stato un delitto passionale, che coinvolge Paola e l’unico suo vero amante di quegli anni: un tale Guido Garroni (Massimo Girotti).

Un oscuro segreto

Avvertito da una vecchia amica riguardo ai movimenti dell’investigatore, Guido corre a Milano e incontra Paola, con lo scopo di metterla al corrente del pericolo. I due, infatti, sono responsabili della morte di Giovanna, un tempo promessa sposa di Guido e amica intima di Paola. La ragazza era precipitata nella tromba di un ascensore e il fatto era stato archiviato dalla polizia come un incidente, ma la verità era un’altra: Guido e Paola avrebbero potuto salvarla, ma avevano scelto di restare in silenzio e lasciarla cadere, spinti dalla passione segreta che provavano l’uno per l’altra e che era ostacolata dalla presenza di Giovanna. I due temono di essere stati scoperti, e si tranquillizzano soltanto venendo a sapere dallo stesso Fontana la vera motivazione dell’indagine, del tutto scollegata dal delitto. Dal loro incontro si è però ormai riaccesa l’antica passione, che li porta a progettare un nuovo omicidio, questa volta consapevole e pienamente volontario: quello di Fontana. All’ultimo Guido si tira indietro, ma l’industriale muore comunque in un incidente d’auto. I vecchi e i nuovi fantasmi dei delitti commessi sono però un ingombro troppo grande perché i due possano vivere il loro amore; consapevole di questo, Guido decide di lasciare per sempre Paola, e la città di Milano con lei.

Il bacio tra Paola (Lucia Bosè) e Guido (Massimo Girotti)

Oltre il Neorealismo

Il motivo principale per cui Cronaca di un amore è tanto importante nel panorama del cinema italiano sta nel suo essere una sorta di spartiacque, per diversi motivi. Non lo diventa per caso, anzi: Antonioni dichiara sin dalla prima battuta la sua intenzione di introdurre un cambiamento, aprendo il film con una frase eloquente: “No, non è la solita storia”. E non lo è davvero: Antonioni porta sullo schermo vicende profondamente diverse da quelle narrate dai predecessori Neorealisti, perché profondamente diversi sono i protagonisti. Nell’occhio dell’obiettivo non ci sono più le classi basse, il popolo incolto fatto di ladri, mascalzoni e umili lavoratori, ma la borghesia, le classi dominanti, coloro che in quegli anni si mettono a capo della ricostruzione post-bellica. Le ambientazioni si spostano dai quartieri poveri e distrutti dai bombardamenti agli uffici delle grandi industrie, al Teatro la Scala, ai sontuosi palazzi degli industriali, incentrando l’indagine sulle ipocrisie della borghesia, sulla pochezza di coloro che hanno il denaro come unico valore e che quando parlano di uomini come Foscolo lo liquidano dicendo semplicemente che: “Era uno senza una lira”.

Lo spazio e la telecamera

Proprio gli ambienti assumono un ruolo importante in Cronaca di un amore, perché lungi dall’essere semplici sfondi si rapportano con la storia e con i personaggi, suggerendo sensazioni, idee, sentimenti. Specie i luoghi in cui si incontrano Guido e Paola: spesso aridi, disabitati, con spazi che a volte si allargano verso l’infinito e altre volte si stringono attorno a loro. Spazi che intervengono e li condizionano, come quando il pavimento di una camera inghiotte l’orecchino di perla, o che si lasciano attraversare: al loro interno i personaggi si fermano, camminano, li esplorano e la telecamera li segue e gira loro intorno. Questi movimenti dell’obiettivo sono una delle novità introdotte da Antonioni nel cinema nostrano, coniugate con l’utilizzo esteso dei piani sequenza, i quali allontanano la settima arte dal teatro e rendono la telecamera un elemento attivo, capace di seguire le movenze dei personaggi e creare una sorta di balletto, elegante e suggestivo.

Lucia Bosè e Massimo Girotti nella scena del ponte, dove la telecamera gira attorno a loro e si muove nello spazio.

Il delitto nei “pensieri” e nelle “omissioni”

Al di là della tecnica e delle ambientazioni, però, salta all’occhio l’attenzione che Antonioni dedica al tema del delitto e del senso di colpa. Ciò che è interessante notare è come questo senso di colpa non si leghi mai ad un delitto vero e proprio, quanto piuttosto all’intenzione del crimine, al desiderio represso di vedere morire il terzo incomodo che a turno si frappone tra Paola e Guido. Entrambe le morti, quella della promessa sposa e del marito, non sono infatti il frutto di due omicidi, ma di fatalità, interventi del caso: il guasto di un ascensore e un incidente stradale. Il delitto è soltanto nell’intenzione, che molti anni prima li aveva portati a tacere di fronte all’imminente pericolo e che aveva portato ora Guido ad attendere l’auto di Fontana con in mano una pistola carica. Eppure, tutto ciò è sufficiente a far sì che i due amanti si sentano effettivamente due omicidi, e che non riescano a guardarsi senza vedere riflesso negli occhi dell’altro il proprio peccato, seppur questo esista soltanto nei “pensieri” e nelle “omissioni”.

I limiti del delitto

Ciò che viene fuori dall’analisi della vicenda è dunque un problema etico molto interessante: dove si trova la vera linea di demarcazione tra il delitto e il pensiero del delitto, tra il crimine e la semplice immaginazione senza freni? Il comportamento dei due amanti è da considerarsi pienamente delittuoso? Il film non dà risposte, ma fa una sottile distinzione tra Guido e Paola, indicando una strada per la riflessione. Lui sa riconoscere la propria colpevolezza, sia nel caso della morte di Giovanna, sia per il piano dell’assassinio di Farina; la riconosce e ne sente il peso, tanto che vedendo il cadavere dell’industriale associa le sue ferite a quelle da arma da fuoco. 

Aveva un buco nella gola… come se gli avessero sparato.

Guido (Massimo Girotti), in Cronaca di un amore

Paola non fa altrettanto: ai tempi di Ferrara aveva gettato tutta la colpa della morte dell’amica addosso a Guido (sebbene lei fosse ugualmente responsabile), e si dimostra pronta a fare lo stesso con l’assassinio del marito.

– Dove mi porti? Non è colpa mia. Perché sono venuti da me e non da te? Io… Sei stato tu a…

– A far che? Da solo è morto, capisci? Da solo!

Paola (Lucia Bosè) e Guido, in Cronaca di un amore
L’incontro finale tra Guido e Paola

È quello il momento in cui Guido può misurare la vera distanza che c’è tra lui e l’amata, e capire che l’unica soluzione per annebbiare il senso di colpa è quella di andarsene, lasciarsi volontariamente alle spalle una passione che sembra essere in grado di generare soltanto dolore.

Nei 100 film italiani da salvare

Il primo lavoro di Antonioni, nonostante sia ancora lontano dai picchi artistici che il regista riuscirà a raggiungere nella sua produzione, resta in ogni caso un film interessante, dal punto di vista tematico e da quello delle novità tecniche e stilistiche. Una pellicola in cui, anche se in forma embrionale, si ritrovano gli elementi che lo hanno resto uno dei grandi del cinema italiano, e che per questo è stata segnalata nel 2008 come uno dei “100 film italiani da salvare”. Il buon giorno si vede dal mattino, e il giorno di Antonioni è stato splendido. 

Michelangelo Antonioni (fonte: Donne Magazine)

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