Complotto, voci e coronavirus

Coronavirus. Se ci mettessimo a contare il numero di volte al giorno in cui sentiamo pronunciare questa parola usciremmo pazzi. Ogni italiano sa perfettamente qual è la situazione attuale dello stivale, per cui è opportuno evitare di essere ridondanti e lasciare la cronaca a chi, come giornali e telegiornali, è sicuramente più titolato del sottoscritto. L’argomento di cui voglio parlare è un altro, sebbene strettamente correlato.

Il nome del coronavirus

Qualche giorno prima che la zona rossa venisse estesa all’Italia intera mi sono ritrovato a conversare con una persona sulla situazione attuale di emergenza. Tra una preoccupazione e l’altra ad un certo punto si ferma, ci pensa su un attimo, poi pone a me e alle altre persone nella stanza una domanda. «Ma voi lo sapete da dove arriva il nome “coronavirus”?» Avendo già letto da qualche parte la risposta esatta, dico di sì. La persona in questione dimostra immediatamente una certa insicurezza, per cui prima di proseguire vuole fare una premessa. «Non so se sia vero, ma mi hanno detto che…» L’antica formula di giustificazione prima di pronunciare una sparata. Al sentirla, mi sono preparato ad ascoltare qualsiasi cosa. «… mi hanno detto che il virus è stato mandato qui perché si prega sempre meno. È per questo che si chiama coronavirus, perché è venuto a dirci di riprendere in mano le corone del rosario. Corona – virus.» In quel momento, ahimè, non ho potuto evitare di sorridere. «Ripeto, me l’hanno detto. Non so se sia vero. Non penso che sia vero.» Ora, non mi sento assolutamente di condannare la persona in questione, poiché ha messo tutte le mani avanti del caso prima di riferire ciò che aveva sentito, l’ha fatto in un contesto privato e ha immediatamente chiesto scusa una volta conosciuta la vera origine del nome. Ciononostante, sapere che una panzana del genere ha avuto una discreta diffusione mi ha portato a riflettere sulle motivazioni che portano le persone a credere alle teorie del complotto.

Che cos’è una teoria del complotto?

Sebbene a prima vista la teoria appena esposta sembri non avere le caratteristiche delle congetture complottistiche, ad una più attenta analisi si scopre che ne fa invece parte a pieno diritto. Come scrive Karl Popper ne La società aperta e i suoi nemici, infatti, si può tracciare l’origine del complottismo nei poemi omerici, nei quali si legge di interventi divini alla base fondamentalmente di tutte le sventure capitate agli eroi della guerra di Troia. Alla luce di questo, si può considerare teoria del complotto ogni ipotesi secondo la quale una sventura qualsiasi è stata causata da un’entità invisibile e oscura (nel caso in questione, dalla divinità; in altri casi, da società segrete, ad esempio). E a riguardo del coronavirus, di teorie ne sono state prodotte tante, divisibili in due categorie.

Il complotto divino

Una prima categoria è rappresentata da quelle a sfondo religioso, come quella della persona del nostro racconto. Teorie secondo le quali la pandemia sarebbe stata causata da un intervento divino, giunto per punire i peccatori e per riportare le genti sulla retta via. Non è qualcosa di nuovo: ognuna delle calamità che ha colpito l’Italia in questi anni ha avuto i propri invasati, che andavano in giro ad affermare con fervore la natura purificatrice dell’evento in questione. Esempio noto è quello di un sacerdote, che dopo il terremoto che colpì il centro Italia nel 2016 disse che il sisma fosse diretta conseguenza dell’istituzione delle unioni civili, recentemente approvata dal Parlamento. In quel caso si trattò del delirio di un estremista religioso vero e proprio (tanto che, nonostante la condanna del Vaticano, il prete continuò imperterrito a sostenere la propria tesi), ma alcune storie che circolano oggi durante l’emergenza coronavirus sono sulla stessa lunghezza d’onda.

Il complotto umano

La seconda categoria è quella delle cospirazioni umane. Qua lo spettro è ampissimo. Alcuni sostengono che si tratti di una macchinazione americana, volta a colpire l’Italia per il recente accordo commerciale con la Cina detto Via della Seta. Altri che il complotto, sempre di marca USA, sia diretto all’Europa intera, per indebolirla e affermare il controllo statunitense sul Vecchio Continente. E poco importa che il virus stia cominciando a diffondersi pure oltreoceano. Altri ancora sostengono che si tratti di un’arma batteriologica, dimenticando che i patogeni usati per scopi militari hanno una facilità di diffusione nettamente inferiore e sono sicuramente più letali. C’è poi chi espone una teoria secondo la quale il Covid-19 sia il risultato di mutazioni dovute a sperimentazioni militari segrete cinesi, senza portare mai uno straccio di prova. E forse meno assurde, ma non per questo diverse, sono le ipotesi (che sono in realtà vere e proprie accuse) secondo le quali il contagio nei paesi europei sarebbe sui livelli di quello italiano, ma che Francia e Germania lo tengano nascosto per tutelare i propri interessi economici. E accusare uno stato occidentale di mettere deliberatamente a repentaglio la vita dei propri cittadini non è un’azione da prendere alla leggera. Addirittura c’è chi afferma che il virus sia stato diffuso da alcuni fondi d’investimento per poter attuare speculazioni economiche estremamente redditizie (e a queste persone ha risposto egregiamente Gianluca Paolucci de La Stampa). Insomma, le teorie sono così tante, e così varie, che è impossibile raccoglierle tutte, e sicuramente non è questo lo scopo dell’articolo.

Perché il complotto funziona?

Ora, riflettendo su quanto detto finora, sorge spontanea una domanda: cosa spinge le persone a raccontare in giro storie spacciate per vere, ma senza avere una fonte certa (e senza prove)? Prima di tutto, occorre specificare che le cospirazioni hanno un certo fascino. L’idea di non essere responsabili quando le cose vanno male ma di essere vittime di un sistema allevia sicuramente molte coscienze. E allora se ci si ammala di coronavirus non è perché ci si è affollati all’una di notte davanti a un supermercato, ma è colpa dell’America che vuole punire gli italiani perché amici dei cinesi. Anzi no, è colpa dei cinesi che fanno finta di essere amici ma poi ci vogliono annientare con una guerra batteriologica. E inoltre all’attrattiva della cospirazione si aggiunge una sorta di “sindrome da tabloid”, la voglia di ottenere lo scoop prima degli altri, in esclusiva. Magari ci è capitato in passato di sentir raccontare in giro una notizia, e poi il giorno dopo di vederla tra i titoli del telegiornale; “Questa volta ho perso l’opportunità, ma la prossima sarà diverso”. Così, pur di passare per persone informate, cominciamo a far correre voci infondate, senza verificarne la veridicità e soprattutto senza citarne la fonte, così da lavarci le mani e non doverci impegnare a risalire fino all’origine della notizia. «Mi hanno detto che…»; «Ho sentito che…». Forse, sotto sotto, lo sappiamo che stiamo raccontando balle, ma poco importa. Noi abbiamo la notizia, è questo che conta.

Occorre fare attenzione

La teoria del complotto è una piaga antichissima, le voci corrono tra le persone fin da tempi immemori e forse dunque è un problema che non si risolverà mai del tutto. Ma in questo momento più che mai le persone hanno bisogno di poche notizie, e che siano chiare e certe. Le fake news che riguardano il coronavirus ci avvelenano forse più che il virus stesso, per cui l’invito è a diffidare di notizie senza fonti. I complottisti sono semplici da riconoscere perché parlano come gli autori dei romanzi gialli: ci rivelano un po’ di dettagli qua e là omettendone molti, lasciano in sospeso le frasi, fanno in modo che siamo noi a completare i concetti che introducono; tutto perché vogliono suscitare interesse e indurci a “restare sintonizzati”. Perché dopo tutto vendono storie, e le storie hanno bisogno di essere ascoltare fino alla fine. Come regola generale vale quella di considerare come falsi tutti i messaggi WhatsApp con scritto “inoltrato” e tutte le affermazioni che cominciano per “Mi hanno detto che…”, appellandoci al nostro senso critico e alla nostra razionalità. Di cui in questo periodo di crisi c’è un disperato bisogno.

Washoe