Antonio Carena, il Pittore dei Cieli

Un articolo di Nicolò Balocco

Antonio Carena fu un protagonista dell’Arte Informale italiana nel dopoguerra e del Pop, pittore di cieli che tra il naturale e l’artificiale hanno conquistato il mondo dell’arte. Classe 1925, nasce a Rivoli, vicino a Torino; nel 1945 frequenta i corsi di pittura di Enrico Paulucci, conseguendo il premio Dino Uberti in qualità di miglior diplomato all’Accademia Albertina di Torino. A Napoli vince invece il premio Cattedra di Pittura al concorso nazionale delle Accademie. 

Carena ha poi “incielato” i palazzi di mezza Europa, esportando il suo talento qua e là per il continente e realizzando progetti con e per importanti realtà. Ha affrescato i soffitti all’Accademia delle Belle Arti di Torino, ha decorato un edificio Martini&Rossi a Ginevra, la Biblioteca di Palazzo dei Marchesi Spinola, nonché le volte del Ministero dei Beni Culturali di Parigi, quelle del ristrutturato Castello juvarriano di Rivoli, e ha collaborato con la Fiat per la copertura del soffitto della sede romana. Ha realizzato opere d’arte di diverse dimensioni che hanno partecipato a mostre ed eventi internazionali aggiudicandosi premi prestigiosi, ed ha affiancato la sua attività con l’impegno come docente al liceo artistico prima, all’ Accademia di Belle Arti di Cuneo poi.

Carena ha costruito un percorso che ha dato ascolto alle sue corde interiori. È vissuto onestamente ed ostinatamente fuori dai dettami accademici; la sua interpretazione del mondo è stata antipittorica, soprattutto per gli strumenti usati; ha unito argutezza di pensiero e motteggi verbali a scelte pittoriche calibrate e personali. Anche per questo è uno dei più importanti esponenti dell’arte italiana del Novecento.

Antonio è colui che ha deciso le distanze, di se stesso con il mondo e di se stesso con il cielo. Che lo si ricordi nel suo giardino-studio con set di pistola a spruzzo e compressori intento a vaporizzare nuvole, o in uno storico palazzo ad affrescare le volte, non si deve dimenticare ciò che provocatoriamente diceva: «Amo nuvolare per denunciare che il cielo la smetta di imitarmi.» Presenta anche alcune provocatorie vedute oleografiche del Cervino su cieli percorsi da tagli, riquadrature e sezioni. Cattura, impacchetta, taglia a fette, ritaglia e racchiude in cornici o inscatola in cubi di plexiglas le sue porzioni di cielo. Il giorno dell’inaugurazione della sua personale mostra presso la galleria in via Principe Amedeo, nel 1967, aveva parcheggiato di fronte all’ingresso una Cinquecento completamente dipinta a cielo, che prolungava nella dimensione urbana l’assunto della mostra. Dopo aver dipinto Il Cielo o finestra spalancata sulla parete nel 1970, nello stesso anno si dedica poi ai Cartelli. Con quest’opera, il quadro diventa un segnale: è un grande cartello con asta, dove impugnando il pennello d’aria (l’aerografo) vi scriveva «Parole Parole Parole», o, con la consueta ironia, «Vogliamo Cieli Puliti», «Attenzione Pittura Fresca» e «Immagina un po’ quello che vuoi».

Ma nella sua vita ovviamente non si è limitato all’arte: Antonio era Tony per gli amici, amici che nel suo percorso furono davvero tanti. Per alcuni fu un grande punto di riferimento, per altri un padre, mentre per me era semplicemente mio nonno. Da piccolo non potevo rendermi conto di chi fosse e del mestiere che facesse, ma con il passare degli anni compresi. Mi affascinava il suo modo frizzante che aveva di vivere affrontando tutte le situazioni.

Tony mancò  il primo di febbraio del 2010, a 85 anni (io ne avevo solo 14), lasciando in tutti un vuoto incolmabile: quel mondo così colorato si era spento. Negli anni continuai a ricordarlo, portandolo sempre nel cuore, e come me hanno fatto tutte le persone che gli hanno voluto bene. Nel 2018 iniziai allora un progetto volto a curare le pubbliche relazioni di mio nonno, che ci aveva lasciato un mondo di arte tutto da scoprire: i suoi famosissimi quadri.

Un anno dopo arrivarono i sogni. Sognavo Tony, insieme a mia nonna, nella loro casa piena di arte e felicità; e li sognavo spesso, in tanti giorni diversi. Poi, l’idea: proposi a mia madre di aprire al pubblico Casa Carena per far nascere una casa-museo. Proprio in tempo per il decennale della sua morte, il primo di febbraio del 2020, riuscimmo ad organizzare un’inaugurazione, che fu un grande successo. La casa si trova a Rivoli (To), in via Rombò 14, e prima dell’emergenza Covid-19 era visitabile su prenotazione.

Dopo che tutto questo finirà, sono sicuro che Casa Carena tornerà a splendere come ha sempre fatto. Il museo racconta la vita privata di Antonio, espone gli oggetti che gli sono appartenuti, come il pianoforte, gli attrezzi ancora sporchi del suo lavoro, l’archivio di foto e di lettere che raccontano di un uomo che ha vissuto nella Grande Bellezza.

Washoe

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